giovedì, marzo 31, 2005

Gli USA si ritirano e chiedono scusa?

da repubblica.it
Washington, 21:21 31 MAR 2005
USA: RAPPORTO SU ARMI IRAQ, INTELLIGENCE TOTALMENTE IN ERRORE (2)
Tuttavia la commissione sostiene che "dopo una analisi molto approfondita, la Commissione non ha trovata alcuna indicazione che il sistema di intelligence abbia distorto le prove riguardo alle Armi di distruzione di massa in Iraq. Hanno semplicemente sbagliato". E ancora. "Le informative quotidiane fornite (al presidente Bush) prima della guerra in Iraq erano sbagliate. Attraverso titoli fatti per attirare l'attenzione e la riproposizione di dati discutibili, queste informative gonfiavano l'argomentazione che l'Iraq stava ricostruendo il suo arsenale di WMD" [ndw: Armi di Distruzione di Massa]. "Anche se anche i servizi di intelligence di molti altri paesi ritenevano che l'Iraq avesse armi di distruzione di massa, alla fine sono stati gli Stati Uniti a mettere in gioco la loro credibilita', facendo di questa vicenda uno dei fallimenti piu' noti - e dannosi - dell'intelligence nella storia americana". "Il danno fatto alla credibilita' dell'America dalle fin troppo pubblicizzate defaillance della nostra intelligence in iraq avra' bisogno di anni per essere riparato". La commissione bi-partisan di 10 componenti, presieduta dall'ex giudice federale Laurence Silberman e dall'ex senatore Charles Robb, non si pronuncia pero' sull'eventuale "esagerazione" dei dati di intelligence sull'Iraq da parte dell'amministrazione Bush per sostenere la sua scelta della guerra: "Non eravamo autorizzati a indagare su come i politici hanno usato le valutazioni ricevute dalle agenzie d'intelligence". Il direttore della CIA Porter Gropss e il segretario alla difesa Donald Rumsfeld hanno accolto favorevolmente il rapporto, dicendosi d'accordo sulla necessita' di profonde trasformazioni. ()

Iraq: ci ritiriamo? no, si, forse

da repubblica.it

Roma, 31/03/2005 19:40

IRAQ: BERLUSCONI, DA SETTEMBRE 300 SOLDATI IN MENO

Dopo l'intesa con gli alleati l'Italia comincera' il ritiro delle sue truppe in Iraq. Il piano - annuncia Berlusconi - prevede il rientro di 300 soldati. Il presidente del Consiglio esordisce sull'argomento affermando che nei giorni scorsi "e' stata costruita, ad arte, una patacca, da giornali ostili". Silvio Berlusconi ritorna sulle parole usate nella sua precedente partecipazione a 'Porta a porta', riguardo alla conclusione della missione italiana in Iraq. Bruno Vespa fa rivedere in diretta la registrazione di quella puntata: "Non c'era nulla di nuovo, questo e' un discorso che si e' sempre fatto. Noi abbiamo istruito circa 4 mila poliziotti, entro la fine di agosto sara' sul campo. Diventa cosi' superflua una certa parte di truppe italiane, che non sono di occupazione, ma devono stare in Iraq fino alla fine dell'anno. C'e' gia' un piano - spiega il premier - di circa trecento soldati in meno entro la fine di settembre. Quando avremo l'accordo con gli alleati e il governo iracheno e ci sara' una decisione definitiva andro' in Parlamento. In questo modo non si indebolira' il livello di sicurezza", conclude il presidente del Consiglio. ()

martedì, marzo 29, 2005

E io pago!

da repubblica.it

Dopo 10 mesi di trattative raggiunto l'accordo con l'Agenzia delle entrate
Il club di Lotito dovrà pagare 140 milioni di euro nel corso di 23 anni
Lazio, chiusa la partita col fisco
Cacciato lo spettro del fallimento
Il presidente Lotito esulta e rilancia: "Ora la battaglia per il nuovo stadio"

ROMA - Si chiude la querelle tra la Lazio e il fisco. La commissione consultiva per la riscossione dei tributi ha infatti dato parere favorevole all'accordo concluso dal club bianconceleste con l'erario, accordo che prevede il pagamento di 140 milioni di euro in 23 anni. La notizia è stata confermata dall'Agenzia delle entrate. Il documento è stato inviato via fax alla Lazio che a sua volta lo ha mandato al tribunale fallimentare di Tivoli, davanti al quale fin da stamattina presto stazionavano alcune centinaia di tifosi.

Il presidente esulta. "Sono soddisfatto, è una vittoria che dedico ai tifosi della Lazio che ci sono stati vicini". L'intesa con il fisco è stata salutata con queste parole dal presidente del club Claudio Lotito. "Non è però finita qui - ha proseguito - adesso c'è un'altra battaglia che ci attende ed è quella della costruzione del nuovo stadio che ci servirà per adempiere agli impegni sottoscritti".

Dieci mesi di trattative. Si chiude così una vicenda che ha tenuto a lungo gli sportivi di fede biancoceleste con il fiato sospeso. Le trattative sono durate infatti dieci mesi e l'impresa di salvare la Lazio è stata una corsa contro il tempo. Tutto ha inizio nel maggio del 2004, quando l'allora presidente, l'avvocato Ugo Longo, aveva presentato l'istanza di rateizzazione dell'intero debito tributario di circa 170 milioni di euro.

L'arrivo di Lotito. Una situazione ereditata poi da Claudio Lotito, subentrato alla presidenza del club il 19 luglio dello scorso anno. E solo due giorni più tardi, il 21 luglio, l'Agenzia delle entrate aveva fatto sapere di dover attendere un parere consultivo degli organi competenti prima di poter prendere in esame la richiesta presentata dal club. La Lazio aveva fatto leva sul decreto legge 138 dell'agosto del 2002, convertito in legge 178/02, che prevede la possibilità per l'Agenzia delle entrate di arrivare ad una transazione, anche attraverso la rateizzazione del pagamento, con il contribuente insolvente.

La svolta del Consiglio di Stato. Una pagina importante nella lunga querelle la scrive il 28 settembre scorso il Consiglio di Stato con il parere espresso sull'applicabilità del decreto stesso: i giudici amministrativi di fatto dicono che l'istanza presentata dalla società biancoceleste è ammissibile. Comincia così il pressing del presidente Lotito sull'Agenzia delle entrate: il 4 novembre la prima richiesta di pronunciarsi dopo l'ok del Consiglio di Stato.

Ultimatum incrociati. Ma sono i primi mesi del 2005 quelli decisivi e che porteranno alla svolta finale. "Lo Stato deve fare una scelta, o prenderli o non prenderli mai più i soldi", aveva detto il presidente ad inizio febbraio. L'Agenzia replica il 22 febbraio, chiedendo alla Lazio di integrare con altri documenti l'istanza di transazione presentata. Il 7 marzo il club consegna nuovi documenti e comincia il rush finale per evitare il fallimento del club. La Lazio fissa al 23 marzo il termine ultimo per poter sottoscrivere la transazione ed evitare di portare libri in tribunale.

La Lega si mette di traverso. Intanto il 17 la società avanza la sua proposta per chiudere la partita con l'erario: 107 milioni complessivi, comprensivi di interessi e senza altri oneri, dilazionati in 20 anni. L'iniziativa solleva anche un polverone in campo politico, con la protesta della Lega che si scaglia contro un provvedimento per salvare la Lazio. La vertenza comunque sembra chiudersi quando nella notte tra il 23 e il 24 marzo viene siglato l'accordo tra la Lazio e l'Agenzia delle entrate. La gioia, anche dei tifosi, dura solo poche ore: nella stessa giornata arriva infatti la doccia gelata per la richiesta di un parere sull'accordo all'avvocatura dello stato.

Successo al fotofinish. Contestualmente il Tribunale di Tivoli dà il suo ultimatum: se entro il 29 marzo non verranno depositati tutti i documenti ufficiali del patto, verrà avviata la procedura di fallimento del club. La corsa contro il tempo si è chiusa al fotofinish questa mattina: la commissione consultiva per la riscossione dei tributi mette la parola fine. L'accordo è valido, la transazione si può fare. Giusto in tempo per correre a Tivoli, a venti minuti dalla scadenza, depositare gli atti in Tribunale e decretare la salvezza del club.

(29 marzo 2005)

che vergogna! per lo Stato ricattato, per il giornalismo indecente e per i poveri cittadini-tifosi che ancora stanno a pensare al calcio e non si accorgono di essere sfruttati come schiavi ignoranti

venerdì, marzo 25, 2005

Senza parole... (esentquerela)

da ansa.it
Elezioni: al voto a 16 anni?
Proposta di legge dei Ds
(ANSA) - POTENZA, 24 MAR - Abbassare da 18 a 16 anni l'eta' per andare a votare: lo propone una proposta di legge del gruppo Ds alla Camera. L'iniziativa, in collaborazione con la Sinistra Giovanile, e' stata presentata dal primo firmatario, il deputato Piero Ruzzante. 'Per allargare il livello di partecipazione -ha spiegato- riteniamo inoltre opportuno che, con una proposta di legge costituzionale, possano essere eletti cittadini che abbiano compiuto 18 anni per la Camera e 25 per il Senato'.

Denunciata la SIAE

da Punto Informatico
Copia privata, denunciata la SIAE

Ci pensano i produttori di supporti e sistemi multimediali, che vedono il loro mercato ridursi per la celebre tassa imposta dalla versione italiana della EUCD

24/03/05 - News - Roma - Tornano alla carica i produttori di supporti multimediali, ovvero coloro che insieme ai consumatori di CD e DVD vergini sono i più colpiti dalla scelta italiana di aumentare i balzelli sui supporti masterizzabili. Computer Support Italcard, Datamatic, Imation, TDK Marketing Europe, TX Italia e Verbatim hanno infatti deciso di denunciare la SIAE. Una denuncia che cade in un momento assai delicato per SIAE che corre nuovamente il rischio di essere commissariata.

La questione è vecchia e bollente ed è già dallo scorso luglio che i produttori di settore denunciano il calo progressivo nella vendita dei supporti seguito al recepimento italiano della EUCD che ha introdotto un ulteriore aumento, con ricadute sul prezzo finale dei prodotti al pubblico.

Questa volta i produttori fanno sul serio. Non va giù la definizione di "equo compenso" per i titolari dei diritti d'autore nei confronti del corrispondente diritto riconosciuto ai privati ad effettuare una copia privata delle opere protette. Si tratta infatti di un aumento del compenso per copia privata che con i ritocchi introdotti un anno e mezzo fa ha persino raggiunto il 3000% in alcuni casi. Un aumento che - spiegano i produttori - "ha comportato un aumento dei prezzi di vendita, che in alcuni casi sono stati anche dell'ordine del 60%".

Secondo i produttori, gli articoli della normativa che definiscono l'equo compenso sono incostituzionali e la loro speranza è che la denuncia contro SIAE consenta di far emergere questa realtà.

L'Associazione Sistemi e Supporti Multimediali Italiana (ASMI) sostiene che dall'introduzione della legge ad oggi il calo delle vendite è stato nell'ordine del 40 per cento "con conseguenti distorsioni nel mercato e gravi ripercussioni per le aziende produttrici oltre che per il consumatore finale - continua ASMI - costretto a sua insaputa a devolvere a SIAE un equo compenso che prescinde dallo scopo dell'utilizzo del supporto di registrazione".

Due i punti caldi della normativa, secondo ASMI.
Da un lato il fatto che la legge non distingua registrazione analogica o digitale né prenda in considerazione il fatto che molti CD o DVD sul mercato sono protetti e dunque inaccessibili alla copia privata; dall'altro la legge violerebbe la Costituzione: "violazione del principio di eguaglianza, poiché è sottoposto a tassazione solo chi vende i propri prodotti all'interno del territorio, e non chi dall'estero vende in Italia; è prevista un'imposizione di prestazioni patrimoniali regolata da un decreto e non in base a una legge; assenza da parte del legislatore di principi e criteri direttivi per determinare i compensi".

"Nonostante continue richieste - continua ASMI - ci siamo trovati nella spiacevole situazione di non essere stati interpellati prima della definizione del decreto ed essere il comparto che, unitamente al consumatore finale, subisce le conseguenze di un decreto mal concepito e strutturato per colpire inesistenti, in merito alla copia privata, fenomeni di pirateria di massa. Crediamo ci siano tutti gli elementi perché la Corte di giustizia della Comunità Europea possa riconoscere l'illegittimità di una normativa non conforme ai principi dello Stato e ad avere una disapplicazione di quanto da essa stabilito".

"I fenomeni tecnologici devono essere studiati, capiti ed interpretati: ci auguriamo che i lavori della Commissione Interministeriale presieduta da Paolo Vigevano - conclude ASMI - possano rappresentare un punto di partenza per rilanciare il comparto tecnologico in un'economia in cui i confini sono transnazionali ed in cui l'applicazione di legislazioni locali imbavaglia in partenza qualsiasi espressione imprenditoriale".

Gli alpini denunciano: la Siae sull'inno di Mameli

da musex
Gli alpini denunciano: la Siae sull'inno di Mameli

Nemmeno gli alpini fanno eccezione. Anche loro devono adeguarsi alle rigide regole imposte dalla Siae. Non importa che le penne nere abbiano salvato l'Italia dal passo dello straniero. Non importa che le penne nere di oggi incarnino simbolicamente quell'eredità morale degli antenati di quasi cent'anni fa, morti da eroi al grido "Fratelli d'Italia". Nessun romanticismo storico, né tantomeno patriottismo d'antan. Molto più semplicemente: i diritti d'autore devono essere comunque sborsati. Fanfare, corali e bande incluse. Nulla di personale, sono affari. E così, in pieno count-down dello sparo d'inizio che vedrà oltre 12 mila alpini friulani catapultati per le vie di Trieste, in occasione della 77^ adunata nazionale, scoppia, improvvisa e inaspettata, la bomba Siae. Per non incorrere nelle eventuali sanzioni della Società italiana di autori e editori, meglio cautelarsi e prendere tutte le contromisure. Non è un caso, infatti, che il Cdn (consiglio direttivo nazionale) abbia raccomandato di regolare preventivamente con la Società tutti i diritti d'autore dei pezzi da suonare. E quando si scrive 'pezzi da suonare', si intende davvero ogni tipo di pezzo da suonare. Compreso, udite udite, l'inno nazionale.

Sì, avete capito bene. Quell'inno liberamente intonato negli stadi dai calciatori italiani prima di iniziare a rincorrere un pallone. Solo che, mentre in quest'ultimo caso non risultano accordi preventivi da stipulare con la Siae, quando si tratta di inno alla memoria per onorare un passato storico, e non un pallone, fioccano, guarda un po', rigorose normative. A scoperchiare la mannaia-Siae anche su ciò che i non addetti ai lavori-alpini ritenevano immune da esborsi monetari, come il democratico e universale inno di Mameli, ci pensa il presidente della sezione carnica dell'Ana, Pietro Saldari.

Senza troppi giri di parole e con la classica sincerità che contraddistingue la gente montana, sbotta così: «È una vergogna. Dobbiamo pagare la Siae anche sull'inno nazionale». Ligi al dovere, gli alpini, per evitare possibili noie burocratiche, stipulano i cosiddetti abbonamenti Siae, in modo che fanfare, corali e bande risultino in piena regola. Ma se poi dovesse capitare di intonare canzoni di cent'anni fa che non rientrano negli accordi? Forse, la Siae chiuderebbe un occhio, chi lo sa. Ad ogni modo, sulla carta, l'inno non è esente da tasse. «Tempo fa - spiega Saldari - la sede nazionale aveva dato il via a trattative con la Società, ma il risultato fu un nulla di fatto». All'orizzonte, comunque, pare si possano profilare ulteriori tentativi per cercare di ammorbidire qualche posizione della Società, magari per convincerla a liberalizzare l'inno e la canzone del Piave.

Polemiche a parte, l'esercito friulano delle penne nere che domenica 16 sfilerà per le vie di Trieste conta, approssimativamente, un buon numero di seguaci: 6 mila da Udine e provincia, 1.500 dalla sezione della Carnia, 2.500 da Pordenone, un migliaio da Cividale, idem da Gorizia e Palmanova. Un posto d'onore sarà riservato ai sette muli che, giunti in camion da Cappella Maggiore (Treviso) e da qui partiti con le loro zampe, sotto la scorta di un manipolo di guardians veneto-friulani, alla volta della città giuliana, simboleggiano un ritorno nostalgico al passato, quando l'alpino era un tutt'uno con il suo migliore amico. Ordini di scuderia ricordano, tra l'altro, di non suonare, durante la sfilata, l'inno di Mameli o il Piave: il primo si intona soltanto in occasione dell'alzabandiera, il secondo, invece, durante la deposizione di corone ai caduti. Riusciranno le penne nere a evitare la tentazione, mettendo a tacere il cuore alpino? Chi vedrà, saprà.

di | 8/06/2004

martedì, marzo 22, 2005

Che personaggi, e 2

da repubblica.it
I sospetti per l'attuale candidato del centrosinistra in Liguria
si riferiscono al passato incarico di responsabile dei Trasporti
Inchiesta Cit-Parmalat, indagato anche l'ex ministro Burlando
Al centro dell'indagine una joint-venture mai andata in porto
Nel mirino della procura di Roma anche De Mita, Tanzi e Necci

ROMA - Ci sono anche i nomi dell'ex ministro diessino dei Trasporti Claudio Burlando, attuale candidato del centrosinistra alla Regione Liguria, e di Ciriaco De Mita, ex presidente del Consiglio ed ora coordinatore della Margherita in Campania, nel registro degli indagati dalla procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta sulle presunte irregolarità legate all'operazione finanziaria che, tra il 1995 ed il 1996, portò alla costituzione di una joint-venture (poi non andata in porto) tra la Cit viaggi, società turistica delle Fs, ed alcune società turistiche del gruppo Parmalat.

Nell'indagine sono coinvolti anche Calisto Tanzi, ex patron del colosso alimentare di Collecchio, e Lorenzo Necci, ex amministratore delegato delle Ferrovie.

Gli atti, considerata la posizione di Burlando, all'epoca dei fatti ministro del governo Prodi, sono stati trasmessi al tribunale dei ministri. Secondo l'ipotesi di lavoro del pm Pierfilippo Laviani, Burlando e De Mita, quest'ultimo amico di vecchia data di Tanzi, avrebbero sostanzialmente avallato il progetto di joint-venture che avrebbe consentito al gruppo di Collecchio di riversare i debiti delle sue società coinvolte sul partner pubblico.

A far scattare l'inchiesta sarebbero state le dichiarazioni rilasciate da Tanzi nel corso degli interrogatori svolti nel quadro delle indagini sul dissesto della Parmalat. Queste sono state stralciate dal pm Laviani che recentemente, per la vicenda Cit, ha chiesto il rinvio a giudizio dello stesso Tanzi, di Necci, dei dirigenti della società di consulenza e revisione Arthur Andersen Carlo Artusi e Roberto Giovannini e di un'altra ventina di persone per reati che, a seconda delle posizioni, vanno dalla truffa alla violazione di reati societari.

"Nel corso mia attività di ministro - è stato il commento di Burlando alla notizia dell'inchiesta nei suoi confronti - non mi sono mai occupato della vicenda Cit in quanto la stessa vicenda era di totale competenza dell'amministratore delegato Fs". "Faccio notare peraltro - ha aggiunto l'ex ministro - che l'amministratore delegato di Fs, l'ingegner Giancarlo Cimoli, da noi scelto nell'autunno del '96, nell'ambito dei suoi poteri autonomi ha deciso di non procedere nei rapporti che si erano precedentemente instaurati con il gruppo Tanzi e di cedere la Cit ad altro gruppo".

(22 marzo 2005)

Che personaggi!

da repubblica.it
L'accusa in uno stralcio dell'inchiesta sulla compravendita
dei diritti cinematografici, su cui i pm hanno chiesto la proroga
Mediaset, Berlusconi indagato
"Corruzione in atti giudiziari"
Al centro della vicenda un presunto pagamento a David Mills
per ottenere da lui una testimonianza favorevole in un processo

MILANO - Nuova accusa per Silvio Berlusconi dall'inchiesta della Procura di Milano sulla compravendita dei diritti cinematografici da parte di Mediaset: corruzione in atti giudiziari. Concluso nelle settimane scorse il filone principale con l'avviso di chiusura delle indagini a 14 indagati, tra cui lo stesso presidente del Consiglio, i pm Fabio de Pasquale e Alfredo Robledo hanno chiesto una proroga delle indagini per uno stralcio dell'inchiesta nata quattro anni fa, ed è trapelato che Silvio Berlusconi è indagato anche per corruzione in atti giudiziari, in concorso con l'avvocato inglese David Mills che deve rispondere anche di falsa testimonianza.

Perchè questo nuovo colpo di scena sarebbe appunto connesso a una testimonianza del noto legale, marito di Tessa Jowell, ministro della cultura del Regno Unito, testimonianza resa in altri processi. Ancora non si sa quale, ma Mills, ritenuto il creatore del sistema di società off-shore del gruppo televisivo, ha deposto negli anni, in tre inchieste: in quella, lontana nel tempo, sulle tangenti alla Guardia di Finanza, nel procedimento su All Iberian e anche nel processo Sme, quando i giudici della prima sezione penale del Tribunale di Milano andarono in trasferta a Londra per interrogarlo.

E sarebbe dall'analisi delle migliaia di documenti raccolti nell'ambito dell'inchiesta Mediaset che gli inquirenti avrebbero trovato tracce di una testimonianza non spontanea, forse - questo è il loro sospetto - pagata. Ora sarà il gip Maurizio Grigo a dover valutare se concedere altri sei mesi d'indagini alla Procura in questo filone sulla presunta corruzione.

Un'accusa che il legale di Berlusconi, Nicolò Ghedini, definisce "se vera, destituita di ogni fondamento".

L'avvocato ha spiegato di non aver ricevuto la notifica della richiesta di proroga delle indagini e, per questo, di non potere entrare nel merito della vicenda. "Se la notizia è falsa - ha spiegato - è stata male controllata; se è vera, l'accusa è destituita da ogni fondamento ed è grave che sia nota prima alla stampa che a me e al mio assistito". Ghedini ha anche detto di trovare "singolare, per usare un eufemismo" che sia ipotizzato il pagamento di un teste "ostile", come Mills è stato in svariate occasioni.

Nel filone principale le accuse sono, a vario titolo, di frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita e di riciclaggio per quattordici, mentre è stata stralciata la posizione dei figli di Berlusconi, Marina e Piersilvio, e di una terza persona.

Le indagini furono aperte nel giugno del 2001 in seguito alla trasmissione da parte delle autorità elvetiche dei conti bancari delle società off-shore Century One e Universal One presso la Banca Svizzera Italiana di Lugano. Conti chiesti negli anni precedenti nell'ambito dell'inchiesta sul consolidato Fininvest. Da qui, dopo rogatorie in tutto il mondo (dal Regno Unito alle Bahamas, dalle Isole Vergini Britanniche agli Stati Uniti, da Guernsey a Malta e all'isola di Man) i due pm erano arrivati a confezionare le prime conclusioni.

Di fronte a queste accuse, il premier sceglie il silenzio.
Forza Italia si schiera compatta a fianco del suo leader: per il capogruppo al Senato, Renato Schifani, si tratta della "solita giustizia a orologeria, a dieci giorni dalle elezioni regionali e con una fuga di notizie pilotata". Sull'altra sponda politica, Antonio Di Pietro chiede le dimissioni del premier.

(22 marzo 2005)

lunedì, marzo 21, 2005

Copy un CD? Borsa non griffata? Aiuti un terrorista, non lo sai?

da adnkronos
TERRORISMO: IL MERCATO DELLA CONTRAFFAZIONE FINANZIA AL QAEDA
Londra, 20 mar. (Adnkronos/Sunday Times) - L'Interpol torna a denunciare come ''i gruppi radicali nordafricani del fondamentalismo islamico, al Qaeda ed Hezbollah, derivino tutti parte dei loro introiti dalla contraffazione, un reato che potenzialmente puo' diventare la maggiore fonte di finanziamento per i terroristi''. In una intervista al Sunday Times, John Newton, un funzionario dell'Interpol specializzato in proprieta' intellettuale, spiega come la contraffazione potrebbe sostituire, come fonte di finanziamento principale la ''zakat'', la carita' islamica predicata nel Corano versata alle moschee o a societa' caritatevoli in tutto il mondo.
(Ses/Gs/Adnkronos)
20-MAR-05 11:57

sabato, marzo 19, 2005

stranissimo 4: forse continua qui!

da comedonchisciotte
DENARO SPORCO LO SCANDALO PUNTA A SHARON E AL GRUPPO MEGA
Postato il Sabato, 19 marzo @ 01:30:00 EST di davide

DI DEAN ANDROMIDAS

La mattina del 6 marzo scorso, la polizia israeliana ha perquisito la filiale 535 della Banca Hapoalim, la maggiore banca israeliana, ed ha arrestato 22 impiegati e direttori di banca, in quella che la polizia israeliana chiama la più grande operazione anti-riciclaggio nella storia del paese. Nello stesso tempo, dall'altra parte della città, lo stesso giorno, la polizia ha perquisito gli uffici dell'oligarca russo in esilio Vladimir Guzinsky, alla ricerca di prove incriminanti relative al riciclaggio di denaro. Inoltre è stato annunciato che l'ambasciatore israeliano a Londra, Zvi Hefetz, ex socio d'affari di Guzinsky, sarà interrogato a proposito della sua possibile posizione all'interno del caso. Un professore di economia israeliano ha detto a EIR (Executive Intelligence Review) che tutti sapevano che la filiale 535 era uno dei centri più importanti del riciclaggio. La domanda è: "Perché la cosa viene fuori adesso?". Egli ha commentato che il coinvolgimento di Guzinsky e Hefetz punta direttamente a Sharon. "Hefetz venne nominato ambasciatore a Londra da Sharon" nonostante il fatto che egli parli un'inglese stentato e tutti sanno quanto Guzinsky sia vicino a Sharon. Questo caso mostra al mondo intero il "nesso tra crimine e politica in Israele".

Ma c'è molto di più che la semplice dimostrazione dell'infinita corruzione di Sharon. Una fonte dell'intelligence israeliana ha detto a EIR: "Questo non è un caso locale, è un caso internazionale; è il fatto più importante attualmente in Israele".

Lo statista americano Lyndon LaRouche ha collegato lo scandalo all'imminente collasso del dollaro. Parallelamente a questo collasso, alcune fonti della finanza svizzera e inglese puntano all'attacco da parte dell'amministrazione Bush al Medioriente e a certi altri sviluppi che hanno scatenato un terremoto nei centri internazionali del riciclaggio di denaro. Quando accadono questi terremoti, le automobili esplodono, i maggiori partecipanti vengono assassinati e le banche subiscono delle irruzioni.

Una fonte anziana della City di Londra collega il caso della Banca Hapoalim al recente assassinio del primo ministro libanese Rafik Hariri, dicendo: "La mia opinione su quanto sta accadendo in Israele e nel Libano è che non si tratta solo di qualcosa che ha a che vedere con la sfera geopolitica, ma anche con quella finanziaria. Il retroterra di questi sviluppi è il fatto che la parte greca di Cipro è entrata nell'Unione Europea nel maggio 2004. Quello che seguì fu la dismissione di Cipro come centro finanziario per la criminalità organizzata, per i trafficanti di droga e per i riciclatori di denaro sporco, specialmente per quanto riguarda il settore russo di queste attività. Quindi occorreva trovare dei centri alternativi per queste attività. Nella regione, Beirut e Tel Aviv diventano delle alternative attraenti, cosa che può spiegare i recenti avvenimenti nelle due città".

Il brutale assassinio di Hariri non ha solo fatto saltare la pacifica risoluzione della crisi siro-libanese, ma ha distrutto il progetto di Hariri di far ridiventare Beirut il maggior centro finanziario internazionale che rappresentava, prima della guerra civile degli anni 1970 e 1980, per i capitali europei e del sud-ovest asiatico. Nei mesi precedenti la sua morte, Hariri aveva viaggiato in Russia dove aveva proposto che la Russia stabilisse una banca per il commercio estero a Beirut. Aveva anche proposto una larga cooperazione nei settori del gas, della raffinazione del petrolio e dei progetti immobiliari in Russia, nel Libano e nel resto del sud-ovest asiatico.

Se il Libano finisce ancora una volta in una guerra civile, questi flussi di capitali, che avrebbero potuto essere impiegati per uno sviluppo economico reale nella regione, saranno impiegati per pompare artificialmente l'infausto sistema finanziario internazionale "globalizzato".

Un analista finanziario svizzero ha convenuto con quanto descritto, ma ha aggiunto che anche Ginevra è un maggiore - se non il preferito - centro finanziario del crimine organizzato. Egli ha fatto riferimento al recente assassinio, simile ad una esecuzione mafiosa, del banchiere francese Edouard Stern nel suo appartamento di Ginevra. Stern non era un banchiere qualsiasi, ma il genero ed apparentemente l'erede, di Michel David Weill, il presidente della Lazard LLC, una delle più importanti e malvagie banche del mondo. Secondo alcune fonti, Stern, che aveva una sua società finanziaria, era il "banchiere ombra" di Lazard. "Lui faceva cose che Lazard non poteva fare, ed è stato ammazzato nel durante".

Così come per i neo-conservatori ed i loro complici finanziari, la cui politica è di impadronirsi del petrolio e delle risorse naturali di una regione lasciandola nel caos e nella guerra. Come uno degli stati delle crociate di Venezia, Tel Aviv sta divenendo il centro finanziario "globalizzato" della regione. I lacché, come Sharon ed il ministro delle finanze israeliano Benjamin Netanyahu, sono fin troppo compiaciuti nell'ubbidire.

Questa politica neo-conservatrice ha raggiunto il suo apice con la nomina a governatore della banca centrale israeliana dell'americano-rodesiano Stanley Fischer. Un ex vice-direttore del Fondo Monetario Internazionale, Fischer è un protetto della scuola fondamentalista di Chicago sul libero mercato. Per più di 20 anni, Fischer è stato il "sicario economico" di George Shultz, con il compito di trasformare Israele in un'area fondamentalista dell'economia del libero mercato. Come vicedirettore del FMI negli anni 1990, Fischer più di qualunque altro fu responsabile del collasso del processo di pace, imponendo politiche fondamentaliste di libero mercato nella regione (vedi EIR, 21 gennaio 2005).

LA GALLERIA DELLE CANAGLIE DIETRO ALLA BANCA HAPOALIM...

Uno sguardo a chi si nasconde dietro alla Banca Hapoalim rivela la galleria delle canaglie dei libero-marchettari e dei loro compari che stanno guidando questa politica e che controllano sia Sharon che Netanyahu.

La Banca Hapoalim (BH) in ebraico vuol dire "Banca dei Lavoratori" e faceva parte della federazione sindacale "Histadrut",nel tempo in cui lo Stato israeliano giocava un ruolo centrale nell'economia. Venne privatizzata (NdT: anche in Israele devono riciclare i proventi del signoraggio) nel 1997, quando Netanyahu era primo ministro. Un pacchetto azionario di controllo della banca finì al consorzio finanziario americano che dà ordini sia a Sharon che a Netanyahu.

Questo consorzio, che si intascò più del 30% delle azioni, era guidato da Ted Arison, un ex trafficante di armi di quando Israele non era ancora uno Stato. Arison fece la sua fortuna con la flotta "Carnival Cruise Lines" che gestiva dei casinò galleggianti. Venne aiutato in questo progetto da Meshulam Riklis, un altro gestore di casinò. Riklis e Arison finanziavano sia la carriera che la vita privata di Sharon. Riklis dette a Sharon i soldi per comprare il suo infame ranch "Sycamore". Poiché ora Arison è morto, le sue azioni sono detenute dalla sua altolocata figlia Shari Arison.

Gli interessi di Arison sono rappresentati da Shlomo Nehama, che è il presidente della banca. Nehama è uno dei "consiglieri ufficiosi" di Netanyahu. Come disse un esperto israeliano: "Nehama è più importante di un consigliere ufficiale; quando Nehama parla, Netanyahu ascolta". Arison comprò il 20% della banca e trovò degli amici nel cosiddetto "Mega Group" che venne fondato da Charles e Edgar Bronfman e che comprende dei ricchi filantropi americani ebrei che sono anche i finanziatori della destra americana e della lobby pro-israeliana di destra. Tra questi troviamo:

* Michael Steinhardt, membro del Mega Group, fondatore del Consiglio della Leadership Democratica (contraria a LaRouche), che è il mecenate dietro a Joe Lieberman. Il padre di Steinhardt era il commercialista del padrino della criminalità organizzata Meyer Lansky, attività per la quale finì in galera. Steinhardt usò i soldi del padre per creare una serie di enormi fondi altamente speculativi (hedge fund) che dopo rivendette, sul presupposto che avrebbe devoluto il suo tempo alla "filantropia". Come proprietario della "Israeli Maritime Bank", fece un mutuo sul ranch di Ariel Sharon dove è spesso un ospite.

* Leonard Abramson, fondatore della "HMO U.S. Healthcare". Poco dopo che Sharon venne incaricato come primo ministro nel 2001, Abramson era uno degli ospiti della fattoria di Sharon che parlava del lancio di una offensiva di propaganda seguendo un piano dei falchi guerraioli israeliani che volevano affondare definitivamente gli accordi di Oslo. Poco dopo esser tornato negli USA, Abramson si incontrò con gli amici del Gruppo Mega, Edgar Bronfman e Steinhardt, dopo di cui venne lanciata una vasta operazione di propaganda chiamata "Educazione per il Medioriente" (Education for Middle East), chiamata anche con l'acronimo "Emet", che significa "verità" in ebraico.

* Charles Schusterman, membro fondatore del Mega Group e fondatore della società petrolifera indipendente "Samson Resources". Egli era uno dei maggiori finanziatori dell'American Israel Public Affairs Committee (AIPAC), la lobby della destra israeliana che è attualmente sotto indagine da parte dell'FBI con l'accusa di spionaggio. Poiché egli è deceduto, le sue azioni nella Banca Hapoalim sono oggi in mano agli eredi.

* Lewis Ranieri, che possiede il 3,4% della banca, non è un membro del gruppo Mega e non si spaccia per un filantropo. Negli anni 1980, lavorando alla Solomon Brothers, egli fu l'inventore dei titoli garantiti da ipoteche (NdT: simili in Italia ai "MyWay4You"). Fu probabilmente il più grande responsabile del collasso delle banche del circuito "Savings and Loan" negli anni 1980, e dell'attuale bolla immobiliare il cui collasso minaccia di tirar giù l'intero sistema finanziario. Ranieri creò la sussidiaria di New York della Banca Hapoalim, la "Signature Bank", usando dai 50 ai 60 ex manager della vecchia banca di Edmond Safra "Republic National Bank" (BofNY). (NdT: Safra morì bruciato vivo nella sede di Montecarlo della sua banca nel 1999. In Italia ufficialmente esisteva solo un ufficio di rappresentanza a Milano, in Piazzale Cadorna. Ma in realtà vi erano dei conti titoli attivi, con indirizzi in Italia, presso la clearing-house Clearstream del Lussemburgo)

* Danny Dankner, un israeliano, è l'altro maggior azionista. I Dankner ed il loro impero commerciale di famiglia, sono tra i "baroni rapinatori" che hanno profittato immensamente dalla privatizzazione del settore statale israeliano, usufruendo dei loro compari: da Sharon a Netanyahu e giù giù nei gangli del governo israeliano. I Dankner hanno anche profittato vincendo dei contratti da Sharon per costruire insediamenti nei territori occupati.

Gli osservatori finanziari hanno contestato il fatto che solo due settimane prima che la polizia irrompesse nella banca, questo consorzio vendette 250 milioni di dollari in controvalore di azioni della banca. Infatti, da ottobre, questi squali hanno pompato il valore delle azioni del 100% attraverso la mobilitazione di investitori istituzionali americani, per la maggior parte fondi pensione, per comprare azioni della Banca Hapoalim quando il prezzo era molto basso. Il fatto che l'alta direzione conoscesse che una indagine potenzialmente pericolosa era in corso, ha fatto inarcare le sopraciglia a più di uno dei protagonisti dei circoli finanziari e giudiziari.

... E LA "MAFIYA RUSSA"

Fino ad ora nessuno di questi bei tomi, i veri zanza, è finito sotto indagine: solo i direttori di banca, gli addetti allo sportello, vari impiegati ed alcuni clienti sono stati arrestati. Ciononostante la polizia ha congelato i circa 400 milioni di dollari tenuti su più di 180 conti, appartenenti a 18 clienti, sospettati di essere stati usati per riciclaggio di soldi sporchi. Si ritiene che siano coinvolti circa 200 clienti. Molti dei sospetti includono degli oligarchi russi, dei padrini della Mafyia russa e degli uomini d'affari israeliani e stranieri. La Francia collabora pienamente e la sede di Parigi della Banca Hapoalim è nel mirino della polizia.

I soldi della mafia russa hanno trovato alloggio in Israele, negli ultimi dieci anni, arrivando non solo all'interno del sistema bancario israeliano ma anche a finanziare le campagne politiche di vari politici israeliani ben in vista.

Commentando questi fatti, Guy Rolnik scrisse in un articolo del 9 marzo nel giornale Ha'aretz: "All'inizio degli anni 1990, le grandi banche israeliane scoprirono una nuova entità geografica... la Russia. Ogni pochi mesi, qualche nuova celebrità russa, ovviamente ebrea, visitava Israele portando decine di centinaia di milioni di dollari. Le banche non annoiavano questi dignitari con domande fastidiose: semplicemente aprivano delle divisioni speciali intitolate all'Europa dell'Est".

I sospettati più interessanti, in quest'ottica, sono vari oligarchi russi che vivono in Israele perché ci sono dei mandati di cattura, per loro, in Russia ed in altri paesi. Questa lista è impressionante:

* Vladimir Guzinsky, ex barone dei media russi e banchiere. Egli è ricercato dalle autorità russe per frode ed evasione fiscale. Questo non ha colpito la sua carriera affaristica in Israele, dove possiede il 30% del secondo più importante quotidiano israeliano: il Ma'ariv. Il suo socio è l'ex agente del Mossad e trafficante di armi dell'era Iran-Contra, Jacob Nimrodi. I due sono buoni amici di Sharon e Netanyahu.

* Leonid Nevzlin, che anch'esso venne esiliato in Israele a causa di un mandato di cattura russo per omicidio, era un socio nella società capogruppo Menatep con Mikhail Khodorkovsky, l'ex capo della compagnia petrolifera Yukos Oil e che attualmente è sotto processo in Russia, dove è accusato di vari crimini finanziari (NdT: da quando Khodorkovsky è in stato di detenzione, le sue funzioni vengono svolte dal Barone Rothschild - tanto per chiudere il cerchio).

* Arcadi Gaydamak è un russo-israeliano che è ricercato dai francesi per frode. Egli fece la sua fortuna nel traffico delle armi, specialmente in Angola.

Dove arriverà questa indagine? Le autorità suggeriscono che almeno un'altra banca è sotto indagine. Un esperto economico israeliano ha fatto la congettura che l'indagine fosse un tentativo per "ripulire" la reputazione di Israele dall'etichetta di paradiso del riciclaggio, in modo da attrarre i grandi giocatori del mercato finanziario globalizzato. Naturalmente questo significa che i "rapinatori" che hanno approfittato maggiormente dagli sporchi accordi della privatizzazione e dall'economia grigia israeliana, verranno rietichettati come "baroni rispettabili".

Se questo è il caso, un buon inizio per la pulizia sarebbe di disfarsi di Sharon. Una recente indagine di mercato, commissionata dal quotidiano Ha'aretz, ha rivelato che il 62% degli israeliani considera Sharon come "corrotto".

DEAN ANDROMIDAS
Fonte:www.larouchepub.com
Link:http://www.larouchepub.com/other/2005/3211hapoalim.html

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARCO SABA

Questo articolo è apparso nell'edizione del 18 marzo 2005 della EIR (Executive Intelligence Review):

venerdì, marzo 18, 2005

stranissimo 4: finisce così?

da corriere.it
17 mar 10:10
Svizzera: omicidio Stern, arrestata ex amante

GINEVRA - Sarebbe stata una ex modella 36enne a uccidere a colpi d'arma da fuoco il banchiere francese Edouard Stern il primo marzo scorso a Ginevra. Lo riferisce la stampa svizzera. La donna, arrestata martedi' sera nel suo appartamento, secondo le fonti giornalistiche era l'amante del finanziere. L'ex modella avrebbe assassinato l'uomo sia per vendetta personale sia per motivi finanziari. (Agr)

stranissimo 4: ricapitoliamo

da effedieffe
Giorni fa il banchiere d’affari Edouard Stern (genero del padrone della Lazard) viene trovato ucciso nel suo appartamento a Ginevra. Benché sia vestito solo di un body di lattice (un costume da pornoshop), i giornali – pochi – che riportano la notizia, ventilano una vendetta della “mafia russa”. Guarda caso: proprio negli stessi giorni la polizia israeliana chiude la filiale di Tel Aviv della banca Hapoalim, attraverso la quale Vladimir Gusinski, “oligarca” e capomafia russo riparato in Israele, riciclava denaro sporco. Alla Hapoalim vengono congelati conti per 180 milioni di dollari di mafiosi russi legati a Gusinski.
Una coincidenza? O c’è una relazione tra i due fatti? Non sperate che venga qualcuno a confermarcelo: i panni sporchi finanziari (specie di “quella” finanza) si lavano rigorosamente in famiglia.
Ma salta agli occhi una circostanza: la vicenda somiglia fin troppo ad un vecchio fatto di sangue. Parliamo dell’assassinio di Edmond Safra a Montecarlo, i 3 dicembre 1999. Ricchissimo banchiere con un patrimonio di quasi 3 miliardi di dollari, Safra aveva inaugurato le sue fortune in Svizzera, con la sua Trade Development Bank. Dieci anni dopo, aveva creato a New York la Republic National Bank of New York, che finirà per avere due milioni di clienti. Pochi mesi prima di trovare la morte però Safra, ormai vecchio e malato di Parkinson, aveva annunciato di vendere il suo impero finanziario alla HongKong Shanghai Banking Corporation, storica istituzione finanziaria anglo-cinese che ebbe una parte nella “guerra dell’oppio”.
La banca doveva acquisire da Safra, oltre alla Republic National di New York, la Safra Republic Holding, un istituto molto privato con sede a Ginevra e sportelli in vari paradisi fiscali (Monaco, Guernesey, Lussemburgo, Gibilterra), che “gestiva” i risparmi, chiamiamoli così, di 30 mila clienti internazionali molto riservati. Che fra questi clienti ci fossero mafiosi internazionali, lo denunciò nell’83 l’American Express, la quale accusò Safra di riciclaggio e di oscuri legami con lo scandalo Iran-Contra. Safrà vinse la causa, e l’American Express dovette pagare milioni di dollari di danni.
Negli ultimi tempi, Safra si circondava di misure di sicurezza impenetrabili. Non gli servì: ad ucciderlo fu il suo infermiere privato, di nome Ted Maher (ma forse il nome è falso), che era anche un ex Berretto Verde. L’americano ex commando, evidentemente assunto come guardia del corpo oltreché badante, bruciò il suo padrone che s’era chiuso, terrorizzato, in un locale della sua casa super-sicura. I motivi dell’omicidio non sono stati mai spiegati, l’omicida tiene da anni la bocca ostinatamente chiusa.

Ma la somiglianza del delitto con quello di Edouard Stern non finisce qui. Perché, pochi mesi prima di essere ucciso, Safra era stato chiamato in causa per un colossale furto di denaro pubblico avvenuto in Russia.
Mikhail Kasyanov, allora Ministro delle Finanze, aveva ricevuto dal Fondo Monetario un prestito straordinario di 4,8 miliardi di dollari come misura di “salvataggio” per sostenere il rublo. Non servì: nell’agosto del 1998 il grande crack, con l’insolvenza della Banca Centrale russa, il collasso del rublo e la rovina di milioni di comuni cittadini russi. E i 4,8 miliardi del FMI, che dovevano scongiurare proprio quel disastro? Spariti. Anzi, mai entrati in Russia. Qualcuno li aveva rubati, per così dire, alla fonte.
L’inchiesta condotta in seguito appurò che il colossale malloppo era stato trasferito dal Fondo monetario in vari conti presso la Republic Bank di New York, quella di Safra; e la banca aveva ricevuto l’ordine dalla Banca Centrale russa di disperdere velocemente i 4,8 miliardi di dollari verso “altri conti esteri” attraverso tortuosi giri bancari.
Sia detto a suo onore: Safra il miliardario collaborò attivamente con l’Fbi e le autorità svizzere, rivelando i meccanismi e i trucchi usati da quei suoi clienti russi per riciclare il denaro attraverso banche americane.
Appunto dopo quella sua collaborazione Safra cominciò a circondarsi di misure eccezionali di sicurezza; temeva, a ragione, la vendetta dei “russi”. Ma chi erano questi russi?
Secondo la polizia svizzera, lo stesso ministro delle finanze Kasyanov. Nel 2000, quando l’inchiesta fu conclusa, Vladimir Putin (quasi certamente ignaro) aveva appena nominato Kasyanov suo primo ministro, quando le autorità elvetiche chiesero di interrogarlo; a quel punto Kasyanov cambiò aria, sottraendosi ad ulteriori indagini. Putin lo licenziò in contumacia.

Ma non è sparito per sempre. Kasyanov, che a suo tempo s’era guadagnato il nomignolo di “Misha due per cento”, aveva potenti protettori negli Stati Uniti. S’è fatto vivo pochi giorni fa: per annunciare di voler soffiare la poltrona a Putin in “libere elezioni democratiche” (di tipo ucraino), e per riversare ogni sorta di accuse contro il presidente russo, suo ex superiore. Non pare che Putin abbia preso bene la cosa: ci ha visto, chissà perché, una manovra della Casa Bianca per creargli altre difficoltà. Una certa finanza “occidentale” non s’è rassegnata ad aver perso la Yukos, cassaforte petrolifera “privatizzata” e acquistata con denaro dei Rotschild dall’ex “oligarca” Khodorkovski, e vuole riprendersela ad ogni costo. Anche a costo di riciclare come “oppositore democratico” un discutibile delinquente quale Kasyanov.
Vedremo come finirà.

Per intanto, sottolineiamo le coincidenze e le sincronie.
Prima: Safra viene ucciso nel suo appartamento sorvegliatissimo a Monaco nel 1999. Eduard Stern viene ucciso nel suo appartamento ultra-sicuro a Ginevra nel 2005. L’uno e l’altro erano dei veri esperti di paradisi fiscali.
Seconda: Safra teme la “mafia russa”; e anche per Stern si ventila la vendetta della “mafia russa”.
Terza: quando Safra viene ucciso, è in pieno corso l’inchiesta sul riciclaggio dei quasi 5 miliardi di dollari del FMI fatti sparire da Kasyanov. Quando Stern viene ucciso, è in pieno corso l’operazione anti-riciclaggio che blocca gli affari dell’oligarca Gusinski.
Quarta: Kasyanov è riparato in Usa, dove è rimasto indisturbato tutti questi anni, anzi assai vicino ad ambienti del partito repubblicano. Gusinski, mentre i suoi conti vengono congelati in Israele e finisce sotto inchiesta, “sta visitando gli Stati Uniti” e sostiene sereno che le accuse contro di lui sono “prive di ogni fondamento”. Magari vedremo riapparire anche lui come “oppositore democratico” di Putin, benedetto dalla Casa Bianca.

C’è una strana sensazione di déjà vu, ammettiamolo.
Ma non è finita.

Quinta coincidenza: il vecchio Safra e il giovane Stern si conoscevano. Molto bene. Il giovane era consigliere finanziario del vecchio nell’affare più importante della sua vita. Un vecchio numero del giornale finanziario Bloomberg dava notizia, dopo la morte di Safra, che “ [Edouard] Stern con altri due ex banchieri della Lazard assisteva Edmond Safra nella cessione della sua Republic Bank of New York alla HongKong Shanghai Banking Corporation, per 7,7 miliardi di dollari. Safra è morto a Monaco in un incendio causato dal suo infermiere prima di poter concludere l’affare”.

Significa qualcosa tutto questo? Non ce lo spiegheranno mai. Ma certo, strane cose accadono nella finanza. Quasi delle repliche della stessa tragedia.

di Maurizio Blondet

stranissimo 4: continua...

da effedieffe
Due colpi di pistola e uno al torace. Così è stato ucciso nel suo ricco appartamento di Ginevra il banchiere d’affari Edouard Stern, di 50 anni. Il guaio è che, al momento della morte, Stern indossava solo un costume attillato di lattice, del tipo che si compra nei pornoshop. Così l’ha trovato la polizia, secondo La Tribune de Genève (1).
La notizia non compare sui giornali americani né italiani, e per buoni motivi.

Edouard Stern era sposato con Beatrice David-Weill, seconda figlia di Michel David Weill, proprietario della potente Banca Lazard: quel segreto istituto senza sportelli che serve solo clienti selezionati (in Italia gli Agnelli) e che ha tre sedi, una a Parigi, l’altra a Londra e la terza a New York. In quest’ultima domina la famiglia Rohatyn, seguace del falso messia polacco Jacob Frank.
Anche Edouard aveva un pedigree di tutto rispetto. La famiglia bancaria Stern è stata la prima, con i Worms e i Foulds, a stabilirsi in Francia dopo la Rivoluzione. Da allora la Banca Stern ha dominato i più oscuri affaires della République, in intimo collegamento con il Grande Oriente e i grand commis massoni fino al 1976, quando proprio il padre di Edouard, Antoine Stern – dedito al gioco e alle feste più che al business – la portò al fallimento. Allora fu proprio Edouard – per parte di madre legato ai Servan-Schreiber (padroni del settimanale L’Express) - a soli 22 anni, ad estromettere il padre dalla banca: per rimetterla in piedi con Philippe Jaffré, direttore del Tesoro, e Claude Pierre-Brossolette, alto funzionario e politico socialista.

Banchiere avido, spietato e senza scrupoli, il matrimonio con Beatrice (1983) gli apre le porte della Lazard. Ma i metodi di Edouard, poco felpati, non piacciono al suocero. Nel ’97 il divorzio, sia dalla moglie (che gli ha dato tre figli) sia dalla Lazard. Con una buonuscita amichevole: la Lazard conferisce mezzo miliardo di franchi (170 miliardi di lire) ad un fondo d’investimento di comodo, IRR, di cui Edouard viene dichiarato comproprietario. Da allora ha tentato scalate e avventurose cause in rappresentanza di soci di minoranza in giganti economici, come l’Orèal e la Vivendi. Ma nel frattempo, il giovane Stern era diventato un vero esperto di tutti i paradisi fiscali, dal Lussemburgo alle Cayman, i luoghi dove si manipola il denaro sporco di tutti i crimini globali.
Il che ha permesso alla stampa servile di Francia (fra cui si distingue Le Monde, l’organo ufficioso del Grande Oriente) di ipotizzare, per la sua esecuzione, l’opera della “mafia russa” (2). Già, ma perché ricevere i suoi assassini in camera da letto, indossando solo un body di gomma lucida?
L’appartamento in cui Stern viveva a Ginevra non era solo fornito dei più costosi sistemi di sicurezza, ma si trova proprio sopra una stazione di polizia.
Le agenzie riportano che l’ucciso aveva affari oltre Atlantico, in Europa dell’Est e in Israele, dove effettivamente la mafia “russa” (che è ebraica) è di casa e gode della protezione dello Stato. In ogni caso, un interessante tranche de vie.
(di Maurizio Blondet)

Note

1)“Murdered banker was wearing a latex suit”, International Herald Tribune, 5 marzo 2005.
2)“Le banquier Edouard Stern a été trouvé mort à Genève”, Le Monde, 4 marzo 2005, p. 12.

Er Sirchiapone

da repubblica.it
Una ex dipendente della Immucor ai giudici di Milano
"Non aveva contratti, i versamenti avvennero in dollari"
Caso Sirchia, spunta una pentita
"Fu pagato e non per le consulenze"

di LUCA FAZZO e MARCO MENSURATI

MILANO - È la prima "pentita" del caso Sirchia, la prima indagata nell'inchiesta sul ministro della Sanità che sceglie di collaborare con i magistrati. E la verità che mette a verbale spiazza la linea difensiva sia di Girolamo Sirchia sia della Immucor, l'azienda americana accusata di avere versato tangenti per quindicimila euro al professore milanese quando era primario al Policlinico. "Mai incassato una lira", è la linea difensiva di Sirchia. "Lo abbiamo pagato, ma erano consulenze", è la linea di Immucor. Ma la pentita dice che i soldi Sirchia li ha presi davvero, e non solo quelli di cui già si è parlato. Quanto alle "consulenze", garantisce di non avere mai visto alcun contratto tra Sirchia e Immucor, e nemmeno di averne mai sentito parlare.

La testimonianza - il cui contenuto trapela alla vigilia del viaggio in Svizzera dei pm alla ricerca del conto di Sirchia - ha una storia inconsueta. Maria Rosa Vergnaghi è stata per anni la contabile della sede italiana di Immucor, l'azienda di Atlanta (Usa) che forniva al Policlinico milanese le macchine per l'analisi e la gestione del sangue. Quando i vertici americani di Immucor, sotto l'avanzare dello scandalo, hanno decapitato la filiale italiana e deciso di collaborare con la magistratura, hanno anche licenziato in tronco la contabile, denunciandola alla Procura. L'accusa: essersi impadronita di oltre centomila euro dai fondi aziendali. Oltre che per appropriazione indebita, la Vergnaghi si è ritrovata inquisita anche per concorso in corruzione. A quel punto, interrogata dai pm Maurizio Romanelli ed Eugenio Fusco, ha rifiutato il ruolo di capro espiatorio e ha messo a verbale il racconto che ora rischia di pesare parecchio sul seguito dell'indagine.

La donna ha spiegato di non avere mai conosciuto Sirchia ma di averlo visto almeno in una occasione negli uffici milanesi di Immucor. Ha escluso che Sirchia intrattenesse rapporti di consulenza con la società, ma ha detto di essere al corrente di pagamenti a suo favore. Ha parlato esplicitamente di pagamenti in dollari, e questo è un dettaglio rilevante. Poiché i pagamenti finora ammessi da Immucor al professore sono tutti in marchi tedeschi, la dichiarazione della Vergnaghi ha convinto i pm dell'esistenza di altri pagamenti e di un altro conto corrente estero del ministro, oltre a quello già oggetto di rogatoria in Svizzera e il cui contenuto sarà rivelato assai presto alla Procura milanese.

La contabile ha poi aggiunto un passaggio importante che non riguarda direttamente Sirchia ma getta una luce eloquente sulle pratiche di Immucor. Ha raccontato che dopo le prime avvisaglie dell'inchiesta giudiziaria venne contattata da Giuseppe Strazioti, l'intermediario che gestiva per l'azienda i rapporti con i primari, che le chiese di produrre con lo scanner delle false fatture di una società svizzera, la Maya Consulting, per giustificare una serie di pagamenti a favore di Francesco Mercuriali, il primario milanese - da sempre legato a Sirchia - arrestato dalla Procura e morto suicida. Dopo una serie di tentativi, la falsa fattura venne ritenuta abbastanza attendibile da essere offerta agli investigatori. Fu dopo quella esperienza che la donna racconta di avere ricevuto da Strazioti l'invito a prelevare dalla contabilità aziendale centomila euro da trattenere per sé. "Ritenni - ha detto - che si volesse comprare il mio silenzio".

La ex contabile non ha parlato solo di medici milanesi. Ha raccontato che l'intermediario Strazioti veniva pagato da Immucor inizialmente ogni tre mesi, poi i pagamenti divennero mensili. Appena riceveva il denaro Strazioti partiva per Napoli per "dividerlo con i napoletani".

(18 marzo 2005)

giovedì, marzo 17, 2005

L'orgoglio di un paese

da repubblica.it
Centocinquanta militanti scendono in strada a Colleferro
Protestano contro i micidiali ordigni già denunciati dalla Sgrena
"Producono le bombe a grappolo":
I pacifisti bloccano la fabbrica

ROMA - Almeno centocinquanta militanti pacifisti - Disobbedienti, Giovani comunisti, Cobas, lavoratori Rdb - hanno bloccato le vie di accesso alla fabbrica Simmel Difesa di Colleferro, in provincia di Roma, dove si producono le Cluster-bomb, le micidiali bombe a frammentazione denunciate recentemente dai reportage della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena inviata in Iraq. All'ingresso della strada che porta alla fabbrica, è appeso uno striscione dove i pacifisti hanno scritto a caratteri cubitali: "Blockcluster. Qui si fabbricano bombe a grappolo. Fermiamo la produzione di morte". I manifestanti sventolano bandiere della pace e distribuiscono volantini ai passanti e agli automobilisti. Sul posto polizia e carabinieri, ma finora la protesta si svolge in modo pacifico. Qualche momento di tensione si è registrato quando la polizia ha cercato di aprire il blocco stradale per far passare alcuni dipendenti della Simmel, intento abbandonato dopo pochi minuti.

Lungo la strada di accesso alla fabbrica, i manifestanti hanno esposto le foto scattate in Iraq, a Falluja, da Giuliana Sgrena, in cui sono evidenziati gli effetti delle bombe sui bambini. Nella fabbrica, secondo quanto riferiscono i manifestanti, si producono due tipi di bombe: un razzo Medusa da 81 millimetri con sub munizionamento anti uomo e un proiettile di artiglieria da 155 millimetri con 63 sub munizioni antiuomo e anticarro.

L'iniziativa rientra nella mobilitazione fissata per sabato, secondo anniversario dell'inizio della guerra in Iraq. Un gruppo di parlamentari della sinistra ha già chiesto una modifica della legga che mette al bando le mine antiuomo inserendo nel divieto anche le Cluster-bomb.

Tra i manifestanti il leader dei disobbedienti romani, Guido Lutrario: "E' inaccettabile che in questo Paese si producano ancora ordigni i cui effetti colpiscono le popolazioni civili. Bombe che hanno gli stessi risultati delle mine antiuomo, messe fuori legge dal diritto internazionale. Contro i produttori di queste bombe, la Simmel di Colleferro e la Snia-Bpd di Brescia, sono già state fatte numerose interpellanze parlamentari". Ha raggiunto Colleferro anche il vicepresidente del Consiglio provinciale di Roma Nando Simeone di Rifondazione comunista: "Le fabbriche di morte devono essere riconvertite ad uso civile".

mercoledì, marzo 16, 2005

Ma, alla fine, chi è il terrorista?

da ticinonline
16/03/2005 - 12:37

Terrorismo: rapporto USA, attacchi devastanti contro città

WASHINGTON - Il dipartimento americano per la sicurezza interna ha identificato una dozzina di possibili attacchi, che si potrebbero verificare in grandi città con effetti devastanti sul piano umano ed economico, e portati a termine con l'uso di agenti chimici, come il gas nervino sarin in edifici pubblici, o camion bomba lanciati contro uno stadio. Una bozza del documento, scrive il New York times, che doveva rimanere riservato, è finita per errore su un sito internet del governo delle Hawai. E la sua divulgazione è stata immediata.

Tra i diversi scenari previsti ci sono l'esplosione di un camion cisterna carico di cloro, che provocherebbe 17'500 morti e 100'000 feriti; la diffusione di alcuni agenti della guerra batteriologica come la peste polmonare sparsa nelle toilette di un aeroporto, di stadi o di una stazione ferroviaria con 2500 morti e 8000 infettati; o l'afta epizootica in mandrie di diversi stati che causerebbe la perdita di centinaia di milioni di dollari.

Ma gli attacchi più devastanti, in perdite umane ed economiche, sarebbero quello compiuto con una bomba sporca, o con l'antrace sparso in cinque grandi città durante un week end tramite camion dotati di potenti sistemi di aerazione.

Nel rapporto non si fa menzione di luoghi particolari per questi attacchi ma si parla di importanti aree metropolitane e rurali. Non vengono indicati neanche specifici gruppi terroristici, ma si indicano nemici universali responsabili di questi attacchi.

Prevedere simili tragedie, avverte il dipartimento americano, serve a far attrezzare in anticipo le agenzie governative per prevenirle o nel caso avvengano per attivare immediatamente i piani di emergenza. Scopo del rapporto, infine, è anche determinare anche i fondi da destinare all'antiterrorismo.

Castelli che scricchiolano...

da repubblica.it

La Corte dei Conti invia alla Procura un dossier su 50 contratti
quasi tutti gli incarichi sono stati dati dall'attuale Guardasigilli
"Consulenze ingiustificate"
c'è un'inchiesta su Castelli
Coinvolti anche i precedenti ministri Diliberto e Fassino
di LIANA MILELLA

ROMA - Dalla Corte dei conti alla procura della Repubblica di Roma per verificare se, oltre al danno erariale, vi sia stato anche del dolo nella gestione delle consulenze al ministero della Giustizia. Sotto inchiesta l'attuale Guardasigilli Roberto Castelli, ma anche i suoi predecessori Piero Fassino e Oliviero Diliberto, con un'"aggravante" numerica per Castelli.

Il numero delle consulenze affidate dal ministro leghista e dai suoi tre sottosegretari, Jole Santelli (Fi), Giuseppe Valentino (An) e Michele Vietti (Udc) superano di gran lunga le precedenti, riguardano oltre quaranta contratti per oltre venti persone, visto che le consulenze durano sei mesi e possono essere protratte per un anno, e quindi le stesse contano più di una volta. Per Diliberto e Fassino invece si tratta di due o tre casi per ciascuno.

Con i ministri, sul tavolo della procura, sono finiti anche tutti i magistrati del ministero, direttori generali compresi, che in questi anni hanno fatto parte dei comitati di valutazione per esaminare la relazione scritta dei singoli consulenti e dare il via libera al pagamento. Per il solo Castelli che, come vertice dell'ufficio, è tenuto a controfirmare ogni richiesta di consulenza sia propria sia dei sottosegretari, la somma su cui ormai da due anni sta indagando la Corte dei conti è di un milione di euro.

Adesso toccherà alla procura di Roma stabilire se c'è stato reato, se ad esempio è stato commesso un abuso d'ufficio, e quindi se l'incartamento dev'essere trasferito al Tribunale dei ministri che ripartirà da zero per compiere l'indagine penale.

Sul tavolo del procuratore di Roma Giovanni Ferrara quella che viene definita come una "copiosa documentazione" è arrivata dalla Corte dieci giorni fa. Ferrara ha costituito un pool, composto dall'aggiunto Lapadura e dai pm D'Ippolito e Palaia, che proprio in queste ore stanno valutando il lungo e complesso lavoro del vice procuratore regionale della Corte dei conti Patti che ormai da due anni ha cercato di capire fino a che punto le consulenze della Giustizia fossero effettivamente necessarie, o piuttosto non fossero un favore fatto ad amici usando denaro pubblico.

Patti è già arrivato a una conclusione: ha spedito 70 avvisi ad altrettante persone del ministero che hanno avuto la possibilità di inviargli delle contro deduzioni e adesso è già pronto per il rinvio a giudizio. In via Arenula sono in fibrillazione da giorni perché la notifica ufficiale dovrebbe arrivare da un momento all'altro.

Che la Corte dei conti avesse deciso di usare il pugno duro contro le consulenze di Castelli e di altri ministri del governo Berlusconi (ad esempio la Moratti per la Pubblica Istruzione) non è un segreto da tempo, tant'è che a Natale proprio Castelli aveva proposto un emendamento nella Finanziaria, una sorta di sanatoria per azzerare la precedente gestione e ripartire da zero.

Ma fu il presidente della Repubblica a storcere il naso e non se ne fece più nulla. Il procuratore Patti si è via via convinto che un grosso abuso ci sia stato, che chiamare professionisti esterni per coprire figure come quella del segretario particolare, dell'assistente legale e di quello per i rapporti con il Parlamento, dell'esperto per l'edilizia penitenziaria, dell'addetto all'esame dei bilanci, configuri soltanto un abuso.

Al ministero già ci sono, secondo Patti, professionisti retribuiti che possono ricoprire quegli stessi ruoli. Patti ha cominciato a indagare partendo dalle consulenze di Castelli, da quella società Global Brain che avrebbe dovuto verificare, d'accordo anche con il Csm, il livello di produttività degli uffici giudiziari. Poi il procuratore si è via via allargato. Ha analizzato le consulenze affidate dal capo di gabinetto di Castelli Nebbioso e dal capo dell'organizzazione giudiziaria Cerrato. Poi è giunto ai sottosegretari di cui ha contestato ogni affidamento.

A quel punto tutte le toghe delle commissioni di controllo sono state coinvolte. Il magistrato contabile, convinto di un abuso che va oltre la cattiva gestione finanziaria, ha coinvolto la procura per i risvolti penali.

(16 marzo 2005)

martedì, marzo 15, 2005

S.P.Q.A. 1

da Ticinonline
15/03/2005 - 21:13

Iraq: polizia, generale ucciso a posto controllo Usa

RAMADI (IRAQ) - Il generale vicecomandante dell'esercito iracheno per la regione ovest è stato ucciso stasera a un posto di controllo americano nella città di Baghdadi, 185 km a ovest della capitale, secondo quanto ha annunciato un ufficiale della polizia cittadina.

"Le forze americane hanno aperto il fuoco verso le 20 (ora locale, le 18 in Svizzera) contro il generale Ismail Swayed al Obeidi, che aveva lasciato il suo ufficio alla base dell' esercito iracheno a Baghdadi per rientrare a casa", ha detto il capitano Amin al Hitti. Il generale "era da solo sulla strada dopo il coprifuoco che è imposto a partire dalle 18", ha aggiunto. Non vi sono per ora reazioni da parte dell'esercito Usa.

ATS

stranissimo 4: altri collegamenti

dalla Rete

Federal Reserve:

Rothschild Bank of London
Warburg Bank of Hamburg
Rothschild Bank of Berlin
Lehman Brothers of New York
Lazard Brothers of Paris
Kuhn Loeb Bank of New York
Israel Moses Seif Banks of Italy
Goldman, Sachs of New York
Warburg Bank of Amsterdam
Chase Manhattan Bank of New York

The banker, Edouard Stern, 50, head of an investment firm and the son-in-law of Michel David-Weill, chairman of the investment firm Lazard, was found dead in his bedroom, shot twice in the head and once in the body, Le Tribune de Genève and Le Temps reported. "Colleagues discovered his body clothed completely in latex rubber," said the daily Le Temps, without citing a source for the information. The newspapers speculated that the latex suit may have been a ploy by his assailants to confuse the police."

lunedì, marzo 14, 2005

stranissimo 4: il fiuto...

ancora su Stern...

da innercitypress

January 3, 2005
In the Bank of America investigation, as described in the Wall Street Journal last week, the Manhattan district attorney says that BofA has transferred hundreds of millions of dollars for a money transmitter in Uruguay called Lespan SA and its affiliates. The prosecutor and federal officials say they suspect the money has come from Colombian drug trafficking and other criminal activity. Also being looked at: Wachovia, Citigroup and JP Morgan Chase. As to this last, as the year closed, the SEC was examining whether JPMC should have known that the Canary Capital Partners LLC hedge fund was making improper trades. Regulators could -- and should! -- contend that the bank "should have known" Canary and its principal executive Edward Stern were "at least engaged" in short-term trading that violated rules of many funds. So far, here’s JPM Chase’s response: "At the time that we were doing business, JPMorgan didn't know and had no reason to believe that Canary, its related entities or Eddie Stern were engaged in any illegal activity." They said the same of Enron..

stranissimo 4: in effetti qualcosina di strano c'è...

da International Herald Tribune

ricordate il caso, no?
Murdered banker was wearing a latex suit, newspapers report
Reuters, Agence France-Presse
Saturday, March 5, 2005

GENEVA A prominent French banker who was murdered this week in his apartment in Geneva was wearing a skin-tight latex suit when he was shot three times and killed, Swiss newspapers reported Friday.

The banker, Edouard Stern, 50, head of an investment firm and the son-in-law of Michel David-Weill, chairman of the investment firm Lazard, was found dead in his bedroom, shot twice in the head and once in the body, Le Tribune de Genève and Le Temps reported.

"Colleagues discovered his body clothed completely in latex rubber," said the daily Le Temps, without citing a source for the information.

The newspapers speculated that the latex suit may have been a ploy by his assailants to confuse the police.

Stern's body was found on Tuesday afternoon. The authorities have confirmed only that he was killed with a firearm.

Le Temps said that the investigation was looking into Stern's private life as well as his business affairs.

The investigating magistrate, Michel Graber, told Swiss television that Stern had probably opened the door to his killer or killers, since there was no sign of forced entry.

Stern had a reputation as a ruthless executive and had been involved in several failed takeovers of major French industrial groups in recent years, in addition to running his own investment business.

His business interests also extended across the Atlantic and to Eastern Europe and Israel.

Investigators declined to comment on the new details Friday.

Stern lived near Geneva's center in a luxury apartment equipped with a high-tech security system and situated just above a police station.

Ma bravi: prelievo COATTO del DNA

da repubblica.it
BIOTECH: PRESTO BANCA DNA SU TERRORISMO E CRIMINALITA'

Presto diventera' operativa la prima banca biotech del Dna sul terrorismo e la criminalita'. E' una delle priorita' annunciate dal prof. Leonardi Santi, presidente del comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie (CNBB), presentando a Palazzo Chigi alla presenza del sottosegretario Gianni Letta "Bionova", il salone delle biotecnologie e della bioingegneria, in programma dal 20 al 22 a Padova. "La banca che con tutta probabilita' sara' costituita dal ministero degli Interni, prevede che il materiale sara' preso dai ladri, stupratori, assassini per ottenere il profilo genetico in modo da individuarli immediatamente quando taluni reati si ripropongono", ha detto Santi sottolineando che e' una sorta di forma parallela del casellario giudiziario, ma per la "genetica". Un comitato scientifico particolare dovra' mettere a punto norme morali, etiche. Ora si sta pensando alla redazione di un elenco dei reati piu' gravi. "Ma anche al prelievo coatto del materiale, come sangue e saliva, attraverso una legge parlamentare che preveda, inoltre, anche la possibilita' di considerare un reato chi si rifiuta di offrire il prelievo". Del gruppo di lavoro, gia' costituito con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fanno parte tutti i ministeri interessati: giustizia, interni, salute e altro. "Entro il 20 aprile sara' operativo il documento definitivo sul progetto", ha aggiunto Santi ricordando che i brevetti biotech, gia' ultimati, ma manca ancora il "si'" definitivo da parte del Parlamento.

venerdì, marzo 11, 2005

Titoli e sottotitoli

da repubblica.it 11/03/2005 Roma, 11:18

PAPA: STORACE, MI DICONO CHE E' PROSSIMO AD USCIRE

Il Papa "e' prossimo ad uscire", e "va tutto bene, e' tutto a posto". Cosi' il presidente della Giunta regionale del Lazio Francesco Storace lasciando il Policlinico Gemelli, dove si e' recato per avere notizie dirette delle condizioni di salute di Giovanni Paolo II. Storace non ha potuto salutare di persona il Pontefice perche' in quel momento questi era sottoposto ad alcuni esami clinici, di routine e legati alla fase convalescenziale. Il governatore del Lazio ha quindi incontrato monsignor Stanislao Dziwisz, segretario del Papa, e da lui ha avuto conferma di quanto ormai sembra certo: tempo qualche giorno, al piu' tardi lunedi', e Giovanni Paolo II lascera' il Gemelli per fare rientro in Vaticano. Storace ha consegnato a monsignor Stanislao un dono per il Papa.

Governatore?

Potevi aspettare un altro pò per dirlo!

da corriere.it 11 marzo 2005
La dichiarazione di Prodi nell'intervento introduttivo a Palazzo Madama
«La Cdl vuole la dittatura del premier»
«Il progetto di riforma costituzionale sta creando le premesse per una moderna e pericolossissima dittatura di maggioranza»

ROMA - Un attacco durissimo. La Casa delle Libertà, con il suo progetto di riforma costituzionale, «sta creando le premesse per una moderna e pericolosissima dittatura di maggioranza, anzi del primo ministro stesso».

Il leader dell'Unione Romano Prodi, alle sue spalle il segretario dei Ds Piero Fassino (Omega)
Lo ha detto il leader dell'Unione Romano Prodi nel suo intervento introduttivo alla riunione di Palazzo Madama con i leader dell'Unione e con i capigruppo del centrosinistra del Senato sul tema delle Riforme. Secondo Prodi, si corre un pericolo grave e imminente «per la nostra convivenza democratica contro cui il centrosinistra si batterà in ogni modo».
«Prima di tutto e avanti a tutto abbiamo un dovere essenziale al quale adempiere: fare tutto ciò che è in nostro potere per avvisare il nostro popolo dei pericoli che incombono su di noi. Batterci in ogni modo perché nessuno possa dire domani che non sapeva, che non vedeva, che non capiva» ha aggiunto Prodi.
«È all'ordine del giorno del Senato - ha spiegato Prodi nel suo discorso introduttivo - l'approvazione di un progetto di riforma costituzionale che cambia profondamente la nostra Costituzione. Il numero degli articoli coinvolti, la quantità di settori della Carta toccati, il contenuto delle modifiche sono tali da obbligare a dire che siamo di fronte a un mutamento radicale della nostra Costituzione». «Si mira di fatto - ha proseguito il leader dell'Unione - a imporre una nuova Costituzione nella quale all'ampliamento dei poteri del governo e del primo ministro fa riscontro una umiliazione del Parlamento, una emarginazione del presidente della Repubblica, una forte limitazione del ruolo delle istituzioni di garanzia, un'assoluta mancanza di rispetto per i diritto dell'opposizione e per la necessità, vitale in una moderna democrazia, di garantire una informazione e un sistema televisivo libero e pluralisti. Tutto il contrario di quel sistema ordinato di pesi e contrappesi incentrato intorno al ruolo forte del Parlamento e al ruolo altissimo di garanzia del presidente della Repubblica che i nostri costituenti hanno collocato al centro della Costituzione». Secondo Prodi, «è un atto di arroganza da parte di una maggioranza che non esita a mettere le mani sulla Costituzione col solo intento di sanare le proprie tensioni interne». «Allo stesso tempo - ha denunciato - si rinvia a data da destinarsi la approvazione della ratifica della Costituzione europea perchè così vuole una forza politica della maggioranza».

giovedì, marzo 10, 2005

Bambi colpisce ancora

da repubblica.it
Intervista all'ex marine Massey: "Uccisi 30 civili in due giorni"
Dissi al comandante che stavamo facendo massacri inutili
"Noi, killer ai checkpoint le regole non ci sono più"
di RICCARDO STAGLIANO'

Il sergente Jimmy Massey è stato nei marines per 12 anni prima di finire in Iraq. Nell'aprile 2003 al checkpoint che comandava sono stati uccisi, in 48 ore, una trentina di civili: "Ci sono voluti due giorni perché ci spiegassero che il nostro alzare il braccio per intimare l'alt era interpretato come un gesto di saluto". Ha cominciato a non dormire più e ha protestato con i superiori. Rispedito a casa per "disordine da stress post-traumatico" è stato "congedato con onore" nel dicembre 2003. Oggi gira l'America raccontando quello che ha visto "perché in Iraq tutte le regole d'ingaggio e la Convenzione di Ginevra sono saltate".

Com'è possibile un malinteso del genere?
"Ricevevamo quotidianamente intelligence che ci mettevano in guardia contro gli attacchi suicidi, la nostra ansia veniva ingrassata da inviti a sospettare di donne e bambini, delle ambulanze: tutti gli iracheni erano dipinti come terroristi. Le dita scattano più facilmente sul grilletto con un trattamento del genere".

Sì, ma le regole d'ingaggio?
"Prima alzavamo il braccio - o accendevamo un faro di notte - poi una raffica di avvertimento (in un paese dove tutti sparano per aria per festeggiare) e quindi si mirava all'auto. Ma l'intervallo tra queste tre fasi si riduceva sempre più. Avevamo chiesto delle vere barricate per costringere al rallentamento ma i nostri genieri ci dissero che non erano essenziali. In verità si era pronti a correre il rischio di fare vittime innocenti per dimostrare chi fosse il più forte in campo".



Erano davvero terroristi?
"Nessuno, dalle auto su cui abbiamo sparato, ha mai risposto al fuoco. E mai, nelle perquisizioni sulle vetture, abbiamo trovato armi. Soldi in contanti, piuttosto, di gente che cercava di scappare. Ricordo la faccia insanguinata di una bambina di 6 anni, e gli occhi dell'unico sopravvissuto di una Kia rossa dalle parti dello stadio di Bagdad che continuava a ripetermi: "Perché avete ucciso mio fratello?"".

E lei cosa ha fatto?
"Io sono andato dal mio comandante e gli ho detto che stavamo facendo dei massacri inutili. Lui mi ha detto che avevo bisogno di riposo e di vedere uno psicologo. Mi hanno rimandato a casa".

I suoi soldati la pensavano come lei?
"Non è il loro mestiere mettere in discussione gli ordini. Erano ragazzi contenti del loro lavoro. E quando qualcuno ha cominciato a venire da me con dei dubbi, il mio compito era di mantenerli motivati per far sì che tornassero a casa interi. A loro dicevo "tornate a combattere", ma dentro non resistevo più. Violavamo tutte le regole che ci avevano insegnato".

Ha letto dell'agente italiano ucciso?
"Sì, e sapendo come funzionano i checkpoint non mi sorprende affatto: prima si spara, poi si fanno le domande. Non c'era alcuna linea guida sulla velocità dell'auto. Lo vado dicendo in giro da un anno ormai. Sapevo che era questione di tempo prima che lo scandalo venisse a galla. Tragicamente ci voleva una vittima famosa per denunciare anche i tanti iracheni morti".

(10 marzo 2005)

Senza più Fede ne Speranza

da repubblica
Nel Tg4 della sera Emilio Fede attacca l'inviata del Manifesto
dopo il video dei sequestratori iracheni. Il Cdr: "Ci dissociamo"
"Le vergognose farneticazioni della comunista Giuliana Sgrena"

ROMA - Il Comitato di redazione del Tg4 contro l'Emilio Fede anti-Sgrena. In una nota il Cdr stigmatizza le parole che il direttore ha usato stasera durante tutta l'edizione del suo tg nel mostrare un video, registrato prima della liberazione della giornalista, e consegnato a Bagdad all'agenzia americana Aptn, in cui la giornalista, ancora sequestrata, ringrazia i suoi rapitori.

"Quelle di Giuliana Sgrena sono vergognose e squallide farneticazioni", ha detto dalle telecamere del Tg4 Fede, attaccando "la giornalista comunista del Manifesto salvata dal nostro governo al prezzo della vita di Nicola Calipari".

Le immagini sono le stesse già viste venerdì scorso, con Giuliana Sgrena che appare seduta dietro a un tavolino con sopra un cesto di frutta per rassicurare che nel corso del sequestro è stata trattata bene. Mentre queste scorrono, si inserisce però una voce fuoricampo che riferisce la versione dei guerriglieri sul sequestro e i tragici fatti del check point nei pressi dell'areoporto di Bagdad. Fede non manda in onda i fotogrammi in cui due terroristi con i mitra in mano appaiono alle spalle della donna.

Il direttore del Tg4 sottolinea solo le parole che la giornalista, ancora prigioniera, rivolge ai suoi rapitori:
"Ringrazio la resistenza irachena per avermi ben trattata e rispettata in tutto questo tempo". Le immagini e le parole vengono rimandate in onda più volte, e Fede incalza: "Giuliana Sgrena dice anche che queste persone sono ben preparate e bene educate. Sono determinati a raggiungere il loro obiettivo: liberare il loro paese dall'occupazione". E il direttore del Tg4 ricorda le persone sgozzate dai terroristi e trae alcune deduzioni: "Dunque quella è la resistenza e l'occupazione naturalmente sono gli Usa e i loro alleati".

Nel video Giuliana Sgrena dice di essere stata rapita, "perché sono passata da Nassiriya durante l'occupazione". E Fede, nel corso del telegiornale, spiega che Nassiriya è la città "dove c'è la missione italiana di pace. Tutto questo a mio avviso - dice rimarcando le parole - è una vergognosa e squallida farneticazione. Turba le nostre coscienze l'idea che per salvare questa persona Nicola Calipari, marito e padre esemplare, abbia pagato con la vita il suo senso del dovere". E Fede continua invitando "l'Italia onesta" ad ignorare per sempre "la Sgrena e le sue cronache".

Poi continua attaccando la ricostruzione dei fatti della giornalista, ("Dice che sono state sparate 3-400 proiettili, ma ne sono stati trovati solo dieci") e arriva alla conclusione che "se gli americani avessero voluto ucciderla, come è morto Calipari avrebbero ammazzato anche l'altro funzionario dei servizi e anche lei che si dice depositaria di chissà quale verità".

E il direttore manda in onda un servizio sulle parole del ministro degli Esteri Fini alla Camera e torna all'attacco: "Quando c'è stato l'avvertimento di ritirare i giornalisti - dice - noi lo abbiamo fatto, ma lei ha proseguito perché aveva fiducia nella resistenza che l'ha trattata benissimo, tanto che lei li elogia". Insomma per Fede la giornalista si è "coinvolta da sola in questa vicenda. Lei era in Iraq senza che il suo giornale le avesse pagato l'assicurazione. L'assicurazione - dice - l'ha pagata il Governo e Calipari che è morto".

Già che c'è Fede ne approfitta anche per difendersi dall'accusa di linciaggio nei confronti della Sgrena: "L'unico linciaggio è quello che Giuliana Sgrena e il suo compagno Pier, non so come si chiama, stanno facendo nei confronti degli Usa".

Parole che hanno suscitato la presa di posizione del Cdr del telegiornale: pur riconoscendo al direttore Emilio Fede "il diritto di stabilire la linea editoriale del telegiornale e di polemizzare con chi vuole, la rappresentanza sindacale del Tg4 non può non dissociarsi dai toni polemici usati in questi giorni e in particolare nell'edizione di questa sera, nei confronti della collega Giuliana Sgrena, vittima di un sequestro, scampata per un soffio alla sparatoria costata la vita al povero Nicola Calipari". "Sorprende - si legge nel comunicato - che un inviato di guerra di grande esperienza come il Direttore critichi (considerandole attendibili) le dichiarazioni rese dall'ostaggio in stato di evidente costrizione e rinfacci alla collega di aver operato in zone ad alto rischio".

Immediata la contro-replica di Fede: "Capisco che il Cdr, dovendo garantire anche quella quota di sinistra che c'è nel Tg4, abbia espresso questa posizione. Ma mi stupisco che non abbia sentito il dovere di manifestare solidarietà al direttore per il messaggio ricevuto oggi con una mail in redazione da una ragazza, nel quale si invita "a rapire Emilio Fede perchè così si fa contenta mezza Italia". Un messaggio per il quale ho già sporto denuncia a polizia e carabinieri".

(9 marzo 2005)

mercoledì, marzo 09, 2005

e tu? e io tra me e me pensavo:"chissà questo dove vuole andare a parare" 2

da repubblica.it
L'idea è del presidente della commissione Pari opportunità razziali
"Voti strutturalmente inferiori rispetto agli alunni delle altre etnie"
Proposta shock in Gran Bretagna "Classi separate per alunni neri"

LONDRA - E' stata definita un tentativo di "apartheid scolastico" ed ha sollevato un polverone la proposta-shock del presidente della commissione parlamentare britannica per le Pari opportunità razziali, Trevor Phillips: creare delle classi separate per i maschi britannici neri, il cui rendimento scolastico è strutturalmente inferiore a quello degli alunni di altre etnie.

Phillips, che a sua volta vanta origini afrocaraibiche, spiega di essere giunto a questa conclusione dopo aver visitato la scuola che aveva frequentato da adolescente, la White Heart Lane di Wood Green, nell'area nord di Londra. Si è recato nell'istituto per una inchiesta, realizzata dall'emittente Bbc1, sul tema delle scarse performance scolastiche dei ragazzi neri del regno. Che ottengono voti inferiori rispetto a quelli di altre comunità e sono più spesso oggetto di provvedimenti di sospensione o espulsione.

Secondo Phillips, molti giovani neri sarebbero danneggiati dalla cultura propria delle loro comunità, dove essere "secchioni" sarebbe socialmente poco attraente. Molti studenti di origine africana o caraibica, inoltre, mancano di modelli positivi di riferimento e autostima. "Se l'unico modo per abbattere questa forma mentis, propria dei ragazzi neri, è quello di impartire loro lezioni separate per alcune materie, dovremmo essere pronti a farlo", ha dichiarato Phillips.

L'idea ha scatenato numerose polemiche. Martin Ward, vicesegretario generale dell'Associazione presidi delle scuole secondarie, ha dichiarato che l'attuazione di un simile progetto ignorerebbe le leggi sulla parità razziale. Secondo Simon Wooley, coordinatore del gruppo 'Operation Black Vote', e figura di rilievo della comunità nera britannica, l'iniziativa mette a rischio il ruolo sociale degli studenti di origine africana o caraibica.

"La questione del loro scarso rendimento è controversa - ha detto Wooley - vivono in abitazioni fatiscenti, con famiglie disastrate e scarse aspettative da parte degli insegnanti. Tutti fattori che contribuiscono al fenomeno. Meglio concentrarsi su questo, prima di puntare il dito contro le vittime e demonizzarle per i loro fallimenti". Wooley ha tuttavia ammesso che "una certa moda e la subcultura dei 'gangster rap' non aiutano".

Anche il deputato laburista Keith Vaz, della circoscrizione di Leicester East (che conta la più vasta comunità nera della Gran Bretagna) è insorto contro la proposta: "E' una segregazione, e avrà conseguenze disastrose sul sistema educativo". Ma Phillips insiste: "Servono iniziative nuove, perché il fenomeno sta costando molto a tutta la comunità, non solo a quella africana o caraibica", ha ribadito ai microfoni del programma Today, in onda su Bbc Radio 4.

Intanto una sua portavoce ha precisato che l'idea nasce da un esperimento, già testato con successo in una scuola statunitense di Saint Louis, dove i maschi di origine africana erano stati messi in classi separate. "Phillips non ha detto che tutti i maschi neri dovrebbero ricevere un'istruzione a parte - ha precisato la portavoce - ma ha semplicemente affermato che l'esperimento sembra avere funzionato in America, dunque andrebbe prenso in considerazione".

(7 marzo 2005)

e tu? e io tra me e me pensavo:"chissà questo dove vuole andare a parare"

da repubblica.it
I compagni avevano attaccato una "T" al camice dell'universitaria
La denuncia di quanto accaduto a Bologna in una lettera a Repubblica
Studentessa bollata come "terrona"
il preside della facoltà si scusa

BOLOGNA - Marchiata con una "T" di "terrona" attaccata sul camice. Schernita con una frase ancora più pesante: "Ah, come gli ebrei". Alessandra Manca, 25 anni, laureanda in Chimica Industriale, è ancora sconvolta. È successo a Bologna, tra le mura dell'Alma Mater dei 40 mila studenti fuori sede. Teatro dell'episodio, uno dei laboratori di Chimica Industriale, una piccola facoltà sui colli, frequentato dalla studentessa per preparare la tesi.

È stato un dottorando a provocarla. Prima alcune battute. Poi l'offesa: il foglio con "T" sul camice: "T come terrona". Tra le risa dei compagni di laboratorio e una seconda frase durissima, pronunciata da un altro, sugli ebrei. La ragazza è tornata a casa e ha raccontato l'episodio alla sorella. Poi ha chiamato i genitori a Martina Franca, suo paese di origine. Il padre, sindacalista, sta pensando a una denuncia. La ragazza ha scritto al nostro giornale: la lettera è stata pubblicata ieri nella rubrica di Corrado Augias.

Il preside ha scritto una lettera di scuse per la ragazza. "Un gesto che mi ha ferita - racconta Alessandra - le reazioni e l'indifferenza di chi era in laboratorio mi hanno offesa ancora di più". Il dottorando, trent'anni, di Imola, chiede scusa e ha scritto alla ragazza: "Era solo uno scherzo".
(il. ve.)

(9 marzo 2005)

lunedì, marzo 07, 2005

Cedesi Repubblica

da criticamente

Alla nostra Repubblica restano 15 ore

La Repubblica ha quindici ore. Tante sono infatti quelle che i capigruppo del Senato hanno assegnato al dibattito e al voto sulla nuova Costituzione, dopo di che, l'8 marzo, essa dovrà essere approvata, per volere della maggioranza, senza alcun emendamento, nell'identico testo trasmesso dalla Camera. Dunque l'8 marzo dovrebbe essere concepita la nuova Repubblica, per atto congiunto della Camera e del Senato (di Raniero La Valle).

Poi ci vorranno tre mesi per la seconda lettura, e già l'8 giugno la nuova Costituzione, interamente riscritta nella seconda parte e di fatto svuotata e lasciata sguarnita nella prima, potrebbe essere varata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, per entrare in vigore entro l'anno, come ha detto il ministro Urso sabato scorso agli imprenditori. A meno che il referendum popolare, all'ultimo momento utile, non la cancelli.

Così stando le cose l'8 marzo l'Italia, salvo questa condizione risolutiva che sta nelle mani del popolo sovrano, potenzialmente cesserà di essere una Repubblica parlamentare di democrazia rappresentativa, per essere ridisegnata nelle forme di un regime del Primo Ministro, come i costituzionalisti fascisti definivano il regime instaurato da Mussolini a partire dal 1924. Il Parlamento sarà espropriato dei suoi poteri, essendo reciso il rapporto di fiducia da cui oggi dipende la legittimità del governo, e sarà privato della sua funzione rappresentativa, che sarà tutta concentrata nel Primo Ministro che da solo dovrà in se stesso mediare ed esprimere l'intero pluralismo sociale. L'ideologia è quella dell'investitura elettorale che, senza il filtro della scelta del Presidente della Repubblica (ridotto a un ruolo liturgico) e della fiducia parlamentare, direttamente abilita il Primo Ministro a governare e ne garantisce l'inamovibilità. Ma il mandato popolare, enfatizzato per quanto riguarda il Primo Ministro, non conta nulla per i parlamentari, che in ogni momento egli può mandare a casa, sciogliendo la Camera, sotto la sua "esclusiva responsabilità", quando essa non goda più la sua fiducia o per qualsiasi altro motivo di utilità politica. E quando fosse la maggioranza a non avere più fiducia nel suo Primo Ministro, non potrebbe mandare a casa lui senza andare a casa anche lei, con tutta la Camera che sarebbe automaticamente sciolta, salvo che la stessa maggioranza tutta intera e senza ribaltoni per infiltrazioni del nemico, riuscisse a nominarne un altro.

Il Parlamento subisce una doppia disintegrazione.

La prima sta nella divisione tra Senato e Camera, avviati verso due destini istituzionali diversi; il Senato perde la sua funzione politica e legislativa generale, non si occupa del governo ma delle regioni, e deve muoversi in un groviglio di competenze così complicato, tra Stato e regioni, tra Camera e Senato, commissioni bicamerali e comitati paritetici, col solito Primo Ministro che gli può togliere una legge in esame e passarla alla Camera, che sarà impossibile uscirne, così che ben più che dirsi Senato "federale", dovrebbe chiamarsi Senato degli sfasci.

La seconda disintegrazione avviene all'interno della Camera, per la divisione anche istituzionale tra maggioranza e opposizione, che vengono a costituire due corpi o corporazioni separati, con diversi statuti e diversi poteri, che vengono distinti perfino nel nome, che per la maggioranza e il governo vengono definiti come "prerogative", e per le opposizioni "diritti"; ma tali diritti si riducono sostanzialmente a un diritto di tribuna, parlare ma non contare, come quegli invasati che liberamente possono parlare allo "speaker's corner" su una panchina dello Hide Park. Tanto non contano i parlamentari delle opposizioni che, se presi da un raptus di buonismo votassero contro una mozione di sfiducia al governo, il loro voto non sarebbe contato nella formazione della maggioranza della Camera, che dovrebbe essere costituita dai soli deputati della coalizione che ha vinto le elezioni, né tanto meno potrebbero concorrere alla indicazione di un altro Primo Ministro. A questo punto non c'è alcun bisogno che i deputati delle opposizioni siedano nella stessa aula, perché né gli uffici li contano nel computo dei voti né i deputati della maggioranza hanno alcun motivo ragionevole per starli ad ascoltare. Possono benissimo andarsene a parlare altrove: l'Aventino è istituzionalizzato e sta in Costituzione. Sicché formata da questi due corpi o "Stati" separati, la Camera ben potrà dirsi la Camera delle corporazioni.

Non aggiungiamo altro sulla neutralizzazione degli altri poteri dello Stato, per dire solo che tutta l'operazione è anticostituzionale perché, come ha magistralmente mostrato Luigi Ferrajoli su "il manifesto", il potere di revisione previsto nell'attuale Carta è un potere costituito ma non costituente (non si può fare un'altra Costituzione) e ci sono principi fondamentali, compreso quello di rappresentanza che, come ha affermato la Corte, non sono suscettibili di revisione costituzionale. E c'è una domanda inquietante: perché Berlusconi scrive e licenzia una Carta che dà al Primo Ministro tutti i poteri e toglie all'opposizione ogni potere, quando ci sono delle elezioni in cui potrebbe perdere la maggioranza? Nessuno fa un regime per gli altri (tanto più se dice che porteranno povertà terrore e morte); chi ha fatto un regime lo ha fatto sempre per sé. Come Berlusconi pensa di essersi assicurato contro questo rischio? Il peggio è che tutto questo avviene senza che nessuno lo sappia o mostri di allarmarsi; tutto il processo di sovvertimento costituzionale si è svolto in questi mesi senza che alcuna notizia ne trapelasse sui mezzi di informazione, e quando se ne è fatto cenno si è sempre e semplicemente fatto intendere che si trattasse di una riformetta di Bossi, di devolution e di federalismo.

Alcune questioni di vitale importanza.

La prima è: come usare queste quindici ore che mancano. Non col silenzio. Questo è il classico caso delle metaforiche barricate in Parlamento. E su che cosa farle se non sulla liquidazione della Repubblica?

Ma se il centrosinistra sceglie la linea morbida, per una ragione tattica, perché tanto c'è il referendum ed è meglio affrettare i tempi per giungervi prima delle elezioni, si tratta di una scelta sbagliata, prima di tutto perché ognuno deve fare la sua parte nel momento in cui gli tocca, e secondo perché senza una battaglia in Parlamento, da cui emerga una leadership anche per la prova referendaria, sarà molto più difficile una mobilitazione popolare. Il referendum, con questi mezzi di informazione, con questa televisione, con questi partiti rarefatti, e anche con questa Chiesa distratta da altre cose, si può perdere, mentre se si arriva fin lì, quella è l'ultima spiaggia per la difesa delle libertà costituzionali. Dio non gioca a dadi, diceva Einstein. Tanto meno si può giocare la Repubblica su un ultimo azzardo.

La seconda cosa è che, a mio parere, anche nel congresso di Rifondazione la questione della difesa della Costituzione della
Liberazione non può essere un tema tra gli altri, ma quello pregiudiziale a tutto il resto. Si tratta infatti di salvare le condizioni dell'agibilità politica, e le possibilità stesse di un lavoro riscattato e recuperato come diritto.Senza democrazia e senza eguaglianza non c'è neanche lavoro, e non si va "verso un mondo nuovo". Lo stesso è a dirsi della fabbrica del programma di Prodi a Bologna. C'è il rischio di suonare la musica del programma sognato e del mondo futuro sul Titanic che affonda.

La terza cosa è che il popolo sovrano non può aspettare per organizzarsi di essere chiamato alle urne, ma fin da ora deve costituire dovunque comitati per il no nel referendum costituzionale. Altro che girotondi! Per questo non ci sono solo quindici ore, prima che la falla sia aperta, ma ci sono alcuni mesi prima che le acque travolgano le ultime difese. L'importante è non farsi chiudere a chiave, impotenti, nei ponti di terza classe.

Infine c'è la questione dell'8 marzo. Mi sembra uno sfregio che alle donne, per la loro festa, si regali proprio la demolizione della Costituzione del '47, che in Italia è stata l'inizio anche della loro libertà, della orgogliosa possibilità di esercizio della loro differenza.

I nuovi poteri sono disegnati come "maschi", nella solita loro pretesa di onnipotenza, insindacabilità e impunibilità; come tali patetici, anche se assai pericolosi. Ma qui le donne hanno qualcosa da difendere non solo per loro, ma per tutti. L'8 marzo è stato scelto dagli strateghi della destra per il voto del Senato anche contando sul fatto che tutta l'attenzione,
femminile e maschile, sia quel giorno rivolta altrove, secondo il rito. Sommessamente propongo alle donne, ai loro movimenti, e anche agli uomini con loro solidali, che quest'anno la festa delle donne si trasformi in una grande manifestazione di volontà politica e di impegno militante per salvare la Costituzione.

1 marzo 2005