Gli alpini denunciano: la Siae sull'inno di Mameli
da musex
Gli alpini denunciano: la Siae sull'inno di Mameli
Nemmeno gli alpini fanno eccezione. Anche loro devono adeguarsi alle rigide regole imposte dalla Siae. Non importa che le penne nere abbiano salvato l'Italia dal passo dello straniero. Non importa che le penne nere di oggi incarnino simbolicamente quell'eredità morale degli antenati di quasi cent'anni fa, morti da eroi al grido "Fratelli d'Italia". Nessun romanticismo storico, né tantomeno patriottismo d'antan. Molto più semplicemente: i diritti d'autore devono essere comunque sborsati. Fanfare, corali e bande incluse. Nulla di personale, sono affari. E così, in pieno count-down dello sparo d'inizio che vedrà oltre 12 mila alpini friulani catapultati per le vie di Trieste, in occasione della 77^ adunata nazionale, scoppia, improvvisa e inaspettata, la bomba Siae. Per non incorrere nelle eventuali sanzioni della Società italiana di autori e editori, meglio cautelarsi e prendere tutte le contromisure. Non è un caso, infatti, che il Cdn (consiglio direttivo nazionale) abbia raccomandato di regolare preventivamente con la Società tutti i diritti d'autore dei pezzi da suonare. E quando si scrive 'pezzi da suonare', si intende davvero ogni tipo di pezzo da suonare. Compreso, udite udite, l'inno nazionale.
Sì, avete capito bene. Quell'inno liberamente intonato negli stadi dai calciatori italiani prima di iniziare a rincorrere un pallone. Solo che, mentre in quest'ultimo caso non risultano accordi preventivi da stipulare con la Siae, quando si tratta di inno alla memoria per onorare un passato storico, e non un pallone, fioccano, guarda un po', rigorose normative. A scoperchiare la mannaia-Siae anche su ciò che i non addetti ai lavori-alpini ritenevano immune da esborsi monetari, come il democratico e universale inno di Mameli, ci pensa il presidente della sezione carnica dell'Ana, Pietro Saldari.
Senza troppi giri di parole e con la classica sincerità che contraddistingue la gente montana, sbotta così: «È una vergogna. Dobbiamo pagare la Siae anche sull'inno nazionale». Ligi al dovere, gli alpini, per evitare possibili noie burocratiche, stipulano i cosiddetti abbonamenti Siae, in modo che fanfare, corali e bande risultino in piena regola. Ma se poi dovesse capitare di intonare canzoni di cent'anni fa che non rientrano negli accordi? Forse, la Siae chiuderebbe un occhio, chi lo sa. Ad ogni modo, sulla carta, l'inno non è esente da tasse. «Tempo fa - spiega Saldari - la sede nazionale aveva dato il via a trattative con la Società, ma il risultato fu un nulla di fatto». All'orizzonte, comunque, pare si possano profilare ulteriori tentativi per cercare di ammorbidire qualche posizione della Società, magari per convincerla a liberalizzare l'inno e la canzone del Piave.
Polemiche a parte, l'esercito friulano delle penne nere che domenica 16 sfilerà per le vie di Trieste conta, approssimativamente, un buon numero di seguaci: 6 mila da Udine e provincia, 1.500 dalla sezione della Carnia, 2.500 da Pordenone, un migliaio da Cividale, idem da Gorizia e Palmanova. Un posto d'onore sarà riservato ai sette muli che, giunti in camion da Cappella Maggiore (Treviso) e da qui partiti con le loro zampe, sotto la scorta di un manipolo di guardians veneto-friulani, alla volta della città giuliana, simboleggiano un ritorno nostalgico al passato, quando l'alpino era un tutt'uno con il suo migliore amico. Ordini di scuderia ricordano, tra l'altro, di non suonare, durante la sfilata, l'inno di Mameli o il Piave: il primo si intona soltanto in occasione dell'alzabandiera, il secondo, invece, durante la deposizione di corone ai caduti. Riusciranno le penne nere a evitare la tentazione, mettendo a tacere il cuore alpino? Chi vedrà, saprà.
di | 8/06/2004
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