lunedì, febbraio 28, 2005

Ecco perché si chiama Coca-Cola!

da disinformazione
La Coca Cola mette la foglia in bottiglia
Di Luis A. Gomez* - tratto da “CARTA” 24 febbraio/2 marzo 2005

La Commissione nazionale per lo sviluppo e la vita senza droghe del Perù sostiene che Coca Cola compra migliaia di tonnellate di foglie di coca in Perù e Bolivia.

Questa volta non si tratta dei cocaleros peruviani. Si tratta invece dello zar antidroga del Perù, Nils Ericsson, presidente della Commissione nazionale per lo sviluppo e la vita senza droghe [Devida]. Quest'uomo, che giura che il narcotraffico è “il braccio finanziario del terrorismo” parla spesso a vanvera, ma ogni tanto dice qualcosa d'interessante. Come per esempio quando conferma che la Coca Cola compra foglie di coca in Perù e Bolivia. La storia merita un po' di approfondimento.
Fra le altre cose, Ericsson sostiene di non sapere quanti ettari siano coltivati a coca in Perù e quanti ne siano stati eradicati, ma ultimamente ha deciso di scontrarsi con alcune aziende che producono bevande, e perfino con l'Empresa nacional de coca [Enaco] peruviana, sulla questione dell'industrializzazione della foglia millenaria. Prima si è detto contrario all'industrializzazione, poi ha detto “forse”, e infine ha detto «sì». In meno di due mesi, si è contraddetto diverse volte, fino ad arrivare al punto di dover fare un comunicato ufficiale sul sito web di Devida per negare appunto di essere contrario allo sfruttamento industriale della coca.
Per contraddire questa affermazione, basta ricordare che da poco più di un anno sono comparse in Perù due nuove marche di bevande, Vortex coca energy drink e K-Drink. Sono prodotte da aziende peruviane, sconosciute sia in Perù che altrove, e sono entrambe a base di coca. Tutto legale. A maggio del 2004 è intervenuto l'International narcotics control board [ufficio internazionale di controllo sugli stupefacenti], che ha stabilito che le suddette bevande contenevano alcaloidi. Non è stato chiarito quali [la coca ha ben 16 differenti alcaloidi], ma poiché questa è l'istituzione incaricata di far rispettare la Convenzione di Vienna sugli stupefacenti, siglata nel 1961, Ericsson e Devida hanno cominciato a preoccuparsi.

Eliminare la concorrenza
In effetti, le bevande peruviane contenevano alcaloidi, perciò tanto la Vortex come la K-Drink hanno “ripulito” le proprie formule per eliminarli. Stranamente però Ericsson ne ha deciso ugualmente la sospensione delle vendite. Un fatto piuttosto singolare, visto che era stato proprio lui a negoziare la licenza di una delle due aziende.
Secondo Ricardo Vega Llona, predecessore di Ericsson al comando di Devida, “tutto sembra molto strano e poco ragionevole, a meno che non ci sia dietro una pressione politica, qualcosa del tipo “andiamo a cercare tutto ciò che ha a che fare con la coca e cancelliamolo”. Clara Cogorno, amministratrice delegata della Amadeus corporation, produttrice di Vortex, aggiunge: «Se spariscono le imprese che lavorano legalmente la foglia di coca, i cocaleros non avranno a chi appoggiarsi per evitare la distruzione delle loro coltivazioni». Oltre che essere d'accordo con Vega, Cogorno ha aggiunto che si tratta di un pretesto per far rispettare la politica antidroga degli Stati uniti. La disputa sulle bevande potrebbe arrivare in tribunale, perché le due aziende non hanno alcuna intenzione di mollare.
Il 10 dicembre Ericsson ha pubblicato un editoriale sul quotidiano El Comercio con un titolo suggestivo: “Teorie e bugie sulla foglia di coca”. Nel testo utilizza le parole coca e cocaina come sinonimi, poi afferma che nessun paese comprerebbe prodotti contenenti cocaina”, e che dunque «nessuna industria simile risulterebbe sostenibile e con un futuro economico». «Per l'elaborazione di altri prodotti”, aggiunge, «oltre alla questione della qualità, c'è il fatto che la foglia di coca costa immensamente cara». Probabilmente Ericsson si riferiva al fatto che, con l'aumento delle eradicazioni della coca, il prezzo è salito enormemente. Ma evidentemente il signor Ericsson non conosce le regole della domanda e dell'offerta [se la produzione aumenta, il prezzo cala] oppure, come dicevano Vega e Cogorno, c'è dell'altro?

Il 26 gennaio del 2005 dovrebbe essere una data da ricordare. Quel giorno, infatti, la Devida ha lanciato un comunicato in dieci punti per chiarire la posizione ufficiale sulla questione dello sfruttamento industriale della coca. Al punto 5, nel paragrafo finale, si dice: «La Coca Cola, azienda riconosciuta a livello mondiale per la produzione di bevande gassate, compra dal Perù 115 mila tonnellate di foglia di coca ogni anno e dalla Bolivia 105 mila tonnellate, con le quali produce, senza alcaloidi, 500 milioni di bottiglie al giorno» Avete letto bene. La Coca Cola compra foglie di coca, lo dice il governo peruviano. E questo giochetto le ha fruttato 13 miliardi di dollari di ricavi lordi nello scorso anno. Eppure, nel dicembre del 2002 la rappresentante messicana della multinazionale, Adriana Valladares, aveva detto che “Coca Cola non compra foglie di coca”.

«Non usiamo foglie di coca»

E il 17 dicembre 2002 la portavoce della Coca Cola, Karyn Dest, consultata dal quotidiano messicano El Universal, diceva che «l'impresa non usa cocaina, non è mai stata parte dei nostri ingredienti». Cocaina no, ma foglie di coca sì, secondo il governo del Perù. Se ne potrebbe concludere che la logica dell'eradicazione della coca in Perù abbia dei parametri particolari. Perché se, come sembra, si tratta di eliminare la «coca illegale» e restringere il suo sfruttamento industriale ai prodotti che non contengono alcaloidi [rispettando la Convenzione di Vienna], viene permessa solo la coltivazione per usi tradizionali e quella necessaria a garantire alla Coca Cola il monopolio della produzione delle bevande. E il prezzo proibitivo di cui parla Ericsson? Serve forse a fare sì che solo Coca Cola possa comprare coca ?
Nella cosiddetta «guerra contro le droghe» si dimostra ancora una volta che, tra bugie e mezze verità, c'è molto denaro in ballo. I cocaleros peruviani, che fino ad ora non ne hanno ricavato che morte e repressione, hanno dichiarato "patrimonio culturale" la foglia di coca nella regione di Huánuco.

Bushito, atto secondo
Grandi manovre per garantire un secondo mandato al presidente Alvaro Uribe. Il 30 novembre il Congresso colombiano ha approvato un progetto di legge che consentirebbe la defezione di «Bushito», piccolo Bush, come viene chiamato confidenzialmente il presidente che fa da trincea all'espandersi di governi «fuori controllo» Usa in Sudamerica. Il Plan Colombia, nato come guerra «al narcotraffico» e cambiato in corso d'opera nella più attuale lotta al terrorismo, può finanziare la rielezione di Uribe. L’ambasciatore Usa a Bogotà William Wood ha detto: «Le Farc hanno 40 anni, il mandato presidenziale è di soli 4. Il popolo colombiano ricordi che la tattica delle Farc, di fronte a presidenti fermi e popolari come Uribe, è stata sempre di attenderne la scadenza dei mandato».

* Luis Gómez l’autore di questo articolo, Luis Gómez, è un giornalista boliviano. Scrive corrispondenze peri il quotidiano messicano la Jornada da La Paz ed è una delle firme più autorevoli di Narco News, una rete di reporter di «giornalismo autentico» che si occupa principalmente di «guerra alla droga e democrazia in America latina». Tra i collaboratori dei Narco News Bulletin c'era anche Gary Webb, il giornalista californiano che aveva vinto il Premio Pulitzer per un'inchiesta sui traffici di cocaina della Cia. Luis Gémez, che è da tempo un amico ed estimatore di Carta, ha recentemente scritto il miglior libro uscito in Bolivia sulla «guerra dei gas» a El Alto, la città satellite di La Paz. L’articolo che ci ha inviato è uscito su The Narco News Bulletin il 29 gennaio. Luis annuncia che proseguirà l'inchiesta.

Mamma lì turchi ovvero licenza di stuprare

da comedonchisciotte
Il 'Washington Post' dà notizia che il Pentagono sta preparando un piano che “consentirebbe alle sue forze speciali di entrare in qualsiasi Paese straniero per operazioni militari top secret”. La novità consiste nel fatto che queste operazioni potrebbero essere fatte senza informare né l’ambasciatore americano basato nel Paese interessato né il responsabile locale della Cia. Ma ciò che inquieta, in realtà, non sono tanto queste ‘novità’ burocratiche, quanto il fatto che i servizi segreti americani si permettano queste azioni non solo in Paesi potenzialmente nemici od ostili ma anche — e non da oggi — in Paesi alleati, come l’Italia.

Il pm Armando Spataro sta indagando sulla scomparsa dell’iman di Milano, Abu Omar, sequestrato da agenti della Cia, fatto entrare facilmente nella base americana di Aviano e da qui spedito, altrettanto facilmente, ai servizi segreti egiziani che l’hanno torturato e forse ucciso. Naturalmente anche se Spataro arrivasse a qualche conclusione sarebbe impotente a perseguire responsabili e fiancheggiatori perché la base di Aviano, con i suoi 4000 soldati americani, gode di extraterritorialità (chi non ricorda la vergognosa vicenda del Cermis?) E del resto a Napoli i soldati americani si sono resi più volte responsabili di stupri ai danni di ragazze italiane, ma le nostre autorità non hanno potuto perseguirli.

E allora, caro De Carlo, mi chiedo due cose.
Se questa alleanza così sperequata con gli Usa non leda solo la nostra sovranità ma anche la nostra dignità nazionale. Se questa crescente aggressività americana non finirà per far rimpiangere la vecchia, cara Unione Sovietica che faceva da deterrente allo ‘spirito d’avventura’, chiamiamolo così, degli Stati Uniti.

Massimo Fini (26.02.05)
Fonte:http://forum.quotidiano.net/

sabato, febbraio 26, 2005

La nascita di un MITO

da repubblica.it
Moda, i No Global svelano l'enigma
'Abbiamo creato noi Serpica Naro'
"Abbiamo creato Serpica Naro in 7 giorni e con pochi soldi"
Intervista a Frankie, uno dei creatori di Serpica Naro
L'incredibile beffa di 200 precari ai signori della moda milanese
di ROSARIA AMATO

ROMA - Serpica Naro sono io. Anzi, siamo noi, i precari del mondo della moda che hanno creato la sedicente artista e stilista anglonipponica, una beffa riuscita in pieno contro la Settimana e la Camera della Moda. Una beffa contro tutti i meccanismi della moda, spiega Frankie del collettivo Chainworkers e di San Precario, uno dei creatori di Serpica Naro.

A chi è venuta l'idea, soprattutto come siete riusciti a realizzarla?
"Tra i creatori di San Precario ci sono molte persone che credono che la precarietà si possa costruire attraverso l'immaginario e il sapere. A creare Serpica Naro sono stati 200 precari che lavorano nel mondo della moda, io sono uno di loro, lavoro da anni nel mondo delle sfilate".

Quindi 200 persone che hanno lavorato anche per queste sfilate milanesi, appena concluse?
"Certo. Sono tutte persone come me, io ho 32 anni e mi occupo di allestimenti nella moda. Abbiamo fatto tutto quello che si fa in questi casi, e che siamo abituati a fare come precari: tramite i nostri contatti abbiamo redatto un book, creato uno stile e i buyer, allestito una redazione, messo su un ufficio stampa, lo show room. Un lavoro che evidentemente è stato apprezzato dalla Camera della Moda".

In quanto tempo avete messo a punto tutto il lavoro?
"In sette giorni. In tre abbiamo completato il book, e negli altri quattro abbiamo presentato in modo capillare Serpica Naro. Contemporaneamente ci siamo inseriti nella Settimana con le nostre manifestazioni di protesta: ci prendevano in giro, qualcuno diceva anche che bisognava avere pietà di noi. Quando si è scoperto di Serpica Naro, per noi è stato un momento liberatorio".

Una di voi ha impersonato Serpica Naro?
"No, lei ha sempre parlato attraverso l'ufficio stampa. Però in un certo senso sì: una ragazza con i tratti orientali l'ha interpretata in un video di 10-15 minuti".

Nessuno ha mai avuto un dubbio sull'autenticità del tutto?
"Nessun dubbio, assolutamente no. Sembra impossibile che precari che vengono pagati cinque euro l'ora possano essere sullo stesso piano, fare concorrenza a chi guadagna cifre stratosferiche. Per la settimana della Moda si sono spesi miliardi di euro".

E voi quanto avete speso?
"Alcune migliaia di euro. Ma non tanto per il lavoro preparatorio: il 70 per cento è stato assorbito dalle spese per la sfilata, il tendone, il riscaldamento".

Se veniste scoperti non lavorereste più.
"Non si potrà mai sapere chi siamo. Sarebbe stato diverso se avessimo scelto una linea di protesta di tipo sindacale, o una provocazione del tipo infrangere le vetrine. Quel momento è passato. Adesso vogliamo infrangere la vetrina dell'immagine. La moda ha vampirizzato Milano. La riduzione ai finanziamenti ai teatri dipende anche da questo: la moda ha succhiato lo spirito della cultura. Ecco, noi, in pochi giorni, e con pochissimi soldi, abbiamo fatto quello che loro fanno con ben altri mezzi. Abbiamo dimostrato che la settimana della moda evidentemente non è così prestigiosa".
(26 febbraio 2005)

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sempre da repubblica.it

Sorpresa nella giornata conclusiva della Settimana della Moda
Beffa del collettivo Chainworkers ai danni degli organizzatori delle sfilate
Moda, i No Global svelano l'enigma
'Abbiamo creato noi Serpica Naro'
Il nome della sedicente stilista è l'anagramma di San Precario

MILANO - In un'intervista ha dichiarato: "Non esiste conflitto se non nel comune diritto al sogno". Sul sito settimanadellamoda.it vengono riportate le polemiche suscitate dal "suo uso spregiudicato di tematiche sociali e di ambienti metropolitani". "Lascerò Milano senza parole", aveva promesso Serpica Naro, "giovane artista e stilista anglonipponica", e infatti così è stato, soprattutto perchè Serpica Naro non esiste. Gli organizzatori della settimana della moda milanese hanno scoperto solo stasera, poco prima della sfilata della sedicente stilista, che avrebbe dovuto chiudere gli appuntamenti in calendario, che si tratta di una beffa dei 'No global' che fanno capo a San Precario, e infatti Serpica Naro è l'anagramma di San Precario.

Gli addetti della Camera Nazionale della Moda sono stati ingannati inizialmente dall'interessante 'look book' della sedicente designer e non hanno esitato ad accreditarla e inserirla nel calendario ufficiale delle presentazioni. Ad avvalorare la loro buona fede, d'altronde, c'erano, e ci sono tuttora, sia un sito dedicato alla stilista, sia altri siti Internet che parlano di lei, creati per l'occasione, sia un ufficio stampa italiano, uno giapponese e uno inglese, oltre a indirizzi di inesistenti showroom a Tokyo e Londra e fantomatiche rassegne stampa.

Per conquistare la fiducia degli addetti ai lavori, poi, è stato anche creato un sito di news sulla settimana della moda, dedicato ai giovani stilisti, da cui è divampata un'ancora più fittizia polemica lanciata dai No Global contro la stilista giapponese, rea di aver scelto gli spazi adiacenti il centro sociale Pergola, da cui, invece, è partita tutta l'operazione. Per montare la boutade, i no global si sono inventati pure un passato scabroso per Serpica, divulgando sulle mailing list omosessuali una falsa notizia: e cioè che la stilista, nel 2001, si era spacciata per attivista gay per convincere numerosi membri della comunità omosessuale giapponese a far da modelli per un magazine di moda alternativa, per poi invece usarne le immagini nella sua pubblicità. Così i precari hanno potuto diramare comunicati polemici contro la stilista nipponica e annunciare manifestazioni di protesta alla sua sfilata.


Niente protesta invece, solo la rivelazione dell'inganno: "Serpica Naro è un metamarchio, che serve a lanciare un luogo di incontro di creatività autoprodotte e di condivisione dei saperi che - spiega uno degli organizzatori, del collettivo Chainworkers - dopo la sfilata odierna, troverà spazio nel sito ufficiale della finta stilista, ma a una sola condizione, essere 'open source', come il software Linux, ossia copiabile e riproducibile".

Tuttavia la sfilata c'è stata davvero, organizzata dai Chainworkers. Sulla passerella della Pergola hanno sfilato otto modelli dedicati alle difficili condizioni di vita del lavoratore precario. Sono stati proposti abiti fascianti 'nascondi maternità', gonne 'anti-mano morta' disseminate di trappole per topi, tute da lavoro che nascondono il pigiama, perchè qualche volta è difficile svegliarsi per i turni di mattina, e abiti sdoppiati per chi fa due lavori.

Dopo la performance precaria, anche una sfilata vera e propria con modelli autoprodotti da giovani realtà di movimento: la linea londinese Sailor Mars, che nasce dai mercatini dell'usato, la 'Industrial couture' milanese, con abiti tutti aerografati a mano, e la spagnola 'Yo mango collection', con capi pieni di tasche a soffietto, creati per rubare. Yo Mango, infatti, è un collettivo spagnolo, la cui traduzione letterale è 'Io rubo', nata dai lavoratori della catena spagnola Mango che per arrotondare il salario avevano deciso di rubare qualche capo, mettendo in moto un movimento di 'spesa proletaria' e di difesa sindacale dei precari pagati a 90 giorni. Dopo la sfilata, sotto il cavalcavia Bussa, musica live e danze in onore di San Precario
(26 febbraio 2005)

mettiamo in conto...

Colombia - 2005-02-26 14:23:00
Strage per mano dell'esercito. Uccisi sette esponenti della Comunità di Pace San Josè

L'esercito ha massacrato la Comunità di pace di San Josè de Apartado: sette i morti, fra cui tre bambini. La strage è avvenuta a La Resbalosa, nel dord ovest della Colombia. Gli abitanti di questa comunità, che dal 1997 si sono dichiarati appunto comunità di pace, non violenta, senza armi né mezzi offensivi, chiamandosi così fuori dalle parti in conflitto nella guerra che da quaranta anni inanguina il Paese. Ma non è bastato. Lunedì scorso una pattuglia di militari governativi hanno fermato e minacciato di morte due dirigenti comunitari, Luis Eduardo Guerra e Alfonso Bolivar Tuberquia Graciano, che insieme alle rispettive mogli e ai loro tre figli piccolo, stavano camminando lungo il fiume Mulatos. Sul momento era presente anche il fratello di Guerra che, riuscito a fuggire, ha dato l'allarme. Tornato sul posto il giorno seguente con un gruppo di abitanti della vicina Mulatos si sono trovati davanti all'assurda strage: i cadaveri, mutilati, erano stati gettati in una fossa.
La disperazione ha invaso l'intera Comunità, che adesso teme persino per chi farà parte della spedizione che sta andando a recuperare i corpi dei loro compagni.
"Non possiamo che denunciare l'accaduto. Nient'altro. non ne abbiamo la forza. Il dolore ci blocca completamente. Possiamo soltanto piangere", hanno dichiarato nel loro comunicato gli esponenti della Comunità di San José de Apartado.

altro tassello al puzzle...

Uruguay - 2005-02-26 16:25:00
Lula, Kirchner e Chavez alla corte di Vazquez. Previsto summit strategico

Lula, Kirchner e Chavez a Montevideo per applaudire l'investitura di Tabaré Vazquez. Il presidente del Brasile, quello argentino e quello del Venezuela, mercoledì prossimo andranno in Uruguay, per assistere alla cerimonia della nascita del nuovo governo di sinistra e ne approfetteranno, poi, per riunirsi in un importante summit in cui affrontare i temi caldi dell'area sudamericana. Sembra che all'ordine del giorno ci sia pure un'alleanza strategica in materia energetica.

venerdì, febbraio 25, 2005

strano 2

INCIDENTE MESSICO, CADE AEREO OTTO LE VITTIME

Otto morti, tra cui il governatore di Colima, questo il bilancio di un incidente aereo avvenuto nello Stato messicano di Michoaca. L'aereo da turismo, un Comander West Wing 24, si e' schiantato in una zona conosciuta come 'El Zapotito', nel comune di Tzitzio. Oltre al governatore sono morti cinque suoi collaboratori e due membri dell'equipaggio.

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da repubblica.it (24 febbraio 2005)

ATTENTATI MADRID: SUICIDA IN CELLA MAROCCHINO SOSPETTATO

E' stato trovato impiccato nella cella di isolamento del carcere di Saragozza, dove era detenuto, l'oltranzista islamico marocchino Mustafa' Zanibar, sospettato di avere partecipato all'organizzazione degli attentati che lo scorso 11 marzo fecero strage nelle stazioni ferroviarie di Madrid. Il cadavere di Zanibar, che aveva 41 anni di eta', e' stato trovato oggi appeso alla sua cintura dal personale carcerario addetto alla consegna del pasto. Il marocchino si era convertito all'Islam oltranzista dopo essere stato condannato nel 1996 a 29 anni di carcere per avere bruciato vivo un suo connazionale a El Ejido, nella Spagna meridionale.

strano...

ATTENTATI MADRID, TROVATO MORTO IN CELLA ISLAMICO SOSPETTATO

È stato trovato oggi morto nella cella del carcere di Saragozza dove era detenuto, un oltranzista islamico sospettato di avere partecipato all'organizzazione degli attentati che lo scorso 11 marzo fecero strage nelle stazioni ferroviarie di Madrid.

Violato segreto istruttorio: conseguenze?

da repubblica.it
Il programma di Masotti manda in onda i video e le telefonate di Caruso e Casarini agli atti del processo di Cosenza
G8, le intercettazioni su Rai2
"Punto e a capo" nella bufera
(di CLAUDIA FUSANI)

ROMA - I filmati dei Black bloc in azione al G8 di Genova spuntano fuori dagli atti del processo di Cosenza e finiscono, con le intercettazioni originali di Francesco Caruso e Luca Casarini, direttamente su Rai 2, prima serata, "Punto e a capo" di Giovanni Masotti e Daniela Vergara. Non basta. Sempre dagli atti del processo di Cosenza che vede imputate dodici persone, tra cui Caruso e Casarini, per cospirazione politica e propaganda sovversiva, spuntano anche le intercettazioni delle telefonate di tre parlamentari: Paolo Cento e Mauro Bulgarelli (Verdi) e Graziella Mascia (Rifondazione). Queste ultime non finiscono in tivù, ma sarebbero "un abuso" (l'articolo 68 della Costituzione vieta la trascrizione e il deposito di colloqui telefonici di parlamentari se non sono utili alle indagini) di cui i tre parlamentari stanno per chiedere conto.

I filmati trasmessi a "Punto e a capo" creano un caso politico-mediatico e uno giudiziario. L'europarlamentare di Rifondazione comunista Vittorio Agnoletto rifiuta di andare in trasmissione. "Non condivido che i processi, prima ancora che in tribunale, si svolgano negli studi televisivi senza dare agli imputati la possibilità di difendersi" dice Agnoletto, che al G8 di Genova era uno dei leader del Movimento.

Nello studio di "Punto e a capo" si sente Caruso nello stadio Carlini di Genova, quartier generale dei Disobbedienti, che dice al telefono: "Ci stanno i black bloc svedesi e inglesi che vogliono fare come a Goteborg (nel giugno 2001, ci furono incidenti-ndr)". Casarini aggiunge: "E' na bomba sto posto". E ancora, i due, parlando insieme: "Stavolta non possiamo fare una cosa simbolica, stavolta bisogna sfondarla la zona rossa...". Tanto basta perché i sindacati di destra della polizia come Sap e Consap, prima ancora della messa in onda della trasmissione, dicano: "Abbiamo ragione noi, era tutto preordinato".



Le intercettazioni, poi, sono inserite in un dvd che non è stato ancora acquisito dal tribunale di Cosenza. Illegittima, dunque, anche la loro pubblicazione. "La legge vieta la diffusione di materiale depositato prima dell'appello" denuncia Agnoletto. Caruso ha annunciato la querela perché quelle intercettazioni "sono già state archiviate dalle procure di Napoli e Genova che le hanno valutate nel loro complesso e non a spizzichi e bocconi e le hanno considerate non utili alle indagini".

Pensano a una denuncia anche i parlamentari Cento, Mascia e Bulgarelli che si sono procurati gli atti depositati a Cosenza. In una telefonata tra il deputato verde e Luca Casarini del 9 settembre 2001, i due "commentano le notizie per cui Casarini sarebbe iscritto nel registro degli indagati e poi le pesanti dichiarazioni del ministro Castelli".

Cento aggiunge: "E chi sta registrando, questi che continuano ad intercettare, sappiano che non possono farlo". Graziella Mascia e Casarini prendono accordi per l'audizione che l'allora capo dei Disobbedienti fece alla Camera nell'agosto 2001, dopo gli incidenti del G8. Poi appuntamenti e suggerimenti su come comportarsi. Si parla anche di Fausto Bertinotti.

In una telefonata del 5 agosto 2001 Mascia dice a Casarini "di essere solidale con lui e di portargli l'abbraccio anche da parte di Fausto". I parlamentari, il gruppo storico di "contatto" con antagonisti e pacifisti, sono stati "ascoltati" in quanto hanno chiamato il cellulare di Casarini. Per legge però quelle telefonate non dovevano essere trascritte né depositate perché non hanno utilità per le indagini. E se l'avessero avuto, doveva essere interpellata la Giunta per le autorizzazioni a procedere. Niente di tutto ciò è stato fatto.
(25 febbraio 2005)

Falso in bilancio: Silvio Berlusconi sapeva tutto!

Inchiesta sui diritti Tv, tra le carte della Procura un grafico sugli intrecci con il "comparto riservato" dell'azienda del premier
Mediaset, in 31 cd la verità dei Pm
"Frodi fiscali, falso in bilancio"
di LUCA FAZZO e MARCO MENSURATI

MILANO - Silvio Berlusconi sapeva tutto, dice la Procura di Milano. Sapeva tutto dei trucchi con cui venivano gonfiati i prezzi dei diritti tv, e centinaia di milioni venivano sottratti alle casse di Fininvest prima e di Mediaset poi. E sapeva tutto della rete di società offshore grazie a cui i proventi dell'affare venivano consegnati nelle mani dei suoi due figli maggiori, Piersilvio e Marina.

Trentuno cd rom consegnati ieri ai difensori del presidente del Consiglio racchiudono il riassunto dell'indagine per appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio condotta dai pm milanesi Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale. Ci vorranno giorni ai difensori per leggerli tutti. Ma bastano poche ore per capire di essere davanti a un quadro impressionante.
La parte decisiva è costituita dalle testimonianze, dalle rogatorie e soprattutto dalla relazione conclusiva che la Procura ha affidato agli analisti della Kpmg.

Lo schema grafico in cui Kpmg ha ricostruito gli intrecci tra le società del gruppo Mediaset e quelle del "comparto riservato" farebbe venire l'emicrania anche a uno specialista di scatole cinesi. È il riassunto di come nel corso di dieci anni siano state create dagli specialisti di Berlusconi società ombra che rilevavano dalle otto major di Hollywood i diritti televisivi e li rivendevano a Mediaset al termine di una serie di intermediazioni utili solo a farne lievitare il prezzo.
Ma dentro i 31 cd rom c'è praticamente di tutto.

Ci sono le copie degli accordi segreti che certificano - come nella fotocopia riprodotta in questa pagina - che le società off shore in cui finivano i soldi Mediaset erano di proprietà di Pier Silvio e Marina; ci sono i vari progetti di Mills, il "grande architetto" legale incaricato da Berlusconi; ci sono gli elenchi dei titoli dei film comprati da società ombra della famiglia Berlusconi e rivenduti a prezzi esorbitanti al Biscione (tra questi, tanto per fare un esempio, tre film di Maciste degli anni '50 ceduti per oltre un milione di euro); ci sono infine le testimonianze di dipendenti, di manager Mediaset e del mondo del cinema, e delle loro segretarie.

Come ad esempio quella di Silvia Cavanna, segretaria personale di Carlo Bernasconi, presidente di Medusa, che racconta di come, sotto l'avanzare dell'inchiesta giudiziaria, le vennero ripuliti i computer dai vertici di tutto quello che poteva costituire una prova e di come allo camion carichi di carte portarono dalla Svizzera in Lussemburgo tutti i documenti scottanti.

Una montagna di materiale, insomma, da cui emerge in maniera netta il meccanismo di quella che ha tutte le caratteristiche di una gigantesca truffa: in primo luogo ai danni del fisco italiano, cui Berlusconi in cinque anni secondo i calcoli degli investigatori avrebbe sottratto almeno 126 miliardi di lire. Il tutto finiva nelle due compagnie possedute dai figli di Berlusconi attraverso gli ormai famosi trust creati dall'avvocato londinese David Mills.

Mentre a Los Angeles la mente dell'operazione era un personaggio un po' misterioso, assai poco amato in Fininvest ma dal potere inattaccabile: Daniele Lorenzano, uomo di fiducia di Silvio Berlusconi a cui - dice più di un testimone - rispondeva direttamente.
Nelle pagine depositate dai pm milanesi si legge però anche una storia parallela, che è quella di una indagine condotta tra mille difficoltà. Una su tutte: l'evidente ostruzionismo del ministero della Giustizia. Durante l'inchiesta suscitò molto scalpore la polemica tra la procura e via Arenula quando il ministero bloccò le rogatorie in corso in Svizzera. Dalla lettura degli atti si apprende oggi che lo stesso schema si è ripetuto in occasione di altre rogatorie.

In particolare il ministro Castelli e il suo staff si sono a lungo rifiutati di inoltrare alle Bahamas la richiesta di rogatoria che, alla fine, ha permesso ai magistrati di scoprire buona parte dei flussi finanziari.
(25 febbraio 2005)

mercoledì, febbraio 23, 2005

Il Diavolo fà le pentole, ma non i coperchi!

da agenews

MADRID: SCOPERTO UN TUNNEL NEL GRATTACIELO WINDSOR, ANDATO A FUOCO IL 12 FEBBRAIO 23/02/2005 19:07:00

(AGE) MADRID – La polizia municipale ha scoperto oggi un tunnel nel garage sotterraneo Azca che potrebbe essere stato costruito ieri notte allo scopo di uscire, non visti, dal palazzo Windsor. Questo grattacielo, alto 32 piani, ha subito un incendio nella notte del 12 febbraio scorso e, secondo gli investigatori, una persona potrebbe essere entrata nel grattacielo durante la notte scorsa, e uscita attraverso il tunnel. La polizia spagnola, negli ultimi giorni, ha trovato degli indizi che smentiscono le prime ipotesi formulate circa la causa dell’incendio; infatti, l’eventualità che un cortocircuito verificatosi al 21° piano possa essere la causa dell’incidente, al momento è giudicata alquanto remota, anche perché l’impianto di condizionamento rimane spento durante il fine settimana. Inoltre, la polizia ha scoperto che la porta del secondo seminterrato del sotterraneo di garage Azca è stata forzata. Gli investigatori stano già indagando per chiarire se l’entrata fosse stata forzata prima o dopo l’incendio, ma si prevede che non avranno notizie certe prima della prossima settimana. Un altro mistero è costituito dai tre video, girati da persone che vivono nei pressi del grattacielo durante la notte dell’incendio, in cui sono riprese le finestre del palazzo Windsor con le luci accese e con due persone che si muovono tra le stanze dalle 3’30 alle 5 del mattino. I pompieri, tuttavia, hanno dichiarato che il palazzo venne evacuato totalmente intorno all’una di notte. Gli esperti si interrogano su come sia possibile che ci fossero ancora delle persone all’interno del grattacielo. Il giudice ha chiesto al Comune di ritardare per 48 ore l’inizio della demolizione. (AGE)

Tòh! chi si rivede!

Reich e la psicologia del fascismo

Di tanto in tanto si sente parlare dell'affacciarsi in Italia di "nuovi fascismi". L'affermazione suona oscura perché non coincide con gli stereotipi della censura, dell'olio di ricino, delle camicie nere con cui di solito si identifica il ventennio. Stando così le cose ben venga la pubblicazione di un classico che fornisce utili chiavi di lettura per comprendere le nascenti forme di autoritarismo. Ci riferiamo a: Wilhelm Reich, Psicologia di massa del fascismo, Einaudi, 2002, 12 euro, nella nuova traduzione introdotta dall'eccellente saggio di Adriano Zamperini.

Leggendo le pagine che Reich ha pubblicato nel 1933 si resta colpiti per almeno due motivi: il tentativo di comprendere il fascismo utilizzando strumenti concettuali extraeconomici; l'attualità dell'analisi. Per Reich il fascismo è un fenomeno che non nasce e non muore con Hitler e Mussolini ma è capace di rigenerarsi di continuo pur partendo da medesimi contenuti: in primis il razzismo e il nazionalismo. Contenuti che tuttavia non sono creazioni del fascismo. "Al contrario: il fascismo è una creazione dell'odio razziale". Dall'analisi di Reich il fascismo appare una concezione mentale, un modello ideale, una saldatura tra la parte peggiore del mondo interiore degli esseri umani e le ideologie reazionarie: "Il fascismo nella sua forma più pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio". Dove per si deve intendere la piccola e media borghesia e le masse impoverite che trovano nell'esclusione del presunto diverso un'identità capace di raccogliere largo consenso sociale. E a poco valgono le spiegazioni che vedono nella precarietà economica un mezzo per la presa di coscienza. Nelle nostre società l'aumento della povertà non produce, da parte dei più, un'analisi razionale sulle responsabilità del potere ma il ritorno a comunità chiuse su se stesse che il potere sfrutta ai propri fini: "la mentalità fascista è la mentalità dell'<> mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi a un'autorità e allo stesso tempo ribelle".

Uno dei meriti maggiori di Reich è quello di cogliere le strette relazioni tra l'ideologia, considerata come una vera e propria forza storica, e la psicologia, considerata come relazione sociale e non come un fatto privato. Va detto che la fondazione della attuata da Reich e dai freudo-marxisti, è stata pressoché inutilizzata nella pratica della sinistra. Tuttavia questi autori tornano oggi alla ribalta per l'emergere, in situazioni come quella italiana, di tendenze tipicamente autoritarie: il monopolio dei mass-media, in continuità con le forme di propaganda inventate negli anni '30; il presidenzialismo, in continuità con il culto dell'uomo forte; il razzismo nei confronti degli immigrati extracomunitari, in continuità con le persecuzione degli ebrei e dei comunisti; l'attacco all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, in continuità con la demolizione delle organizzazioni sindacali; il nazionalismo bellicoso, in continuità il maschilismo della pseudocultura nazi-fascista.

Se si interpreta il fascismo non come l'espressione di un partito politico ma come manifestazione irrazionale dell'uomo di massa psicologicamente represso, allora possiamo dire che sotto altre forme la "peste nera" sta tornando ad infettare il corpo sociale nonostante le cospicue differenze tra il mondo moderno e quello post-moderno. Purtroppo a rendersi conto del pericolo sono pochi intellettuali e qualche gruppo d'opinione.

Patrizio Paolinelli

articolo apparso sul quotidiano il domani di Bologna del 27 dicembre 2002

Primo: Bin Laden, secondo: Henry Kissinger!

[:: Internazionali] IL CONDOR E' ANCORA OPERATIVO
By: Selvas.org - Inviata il 22/2/2005 - Ore: 22:52

Intervista a Martin Almada, avvocato, educatore
"IL CONDOR E' ANCORA OPERATIVO"


Dopo che Corte suprema cilena, ha revocato l’immunità parlamentare ad Augusto Pinochet e successivamente ha decretato che il vecchio dittatore cileno è in grado di affrontare i processi in cui è imputato per i crimini dell’Operacion Condor, parla il premio nobel alternativo per la pace Martin Almada, scopritore dell'Archivio della polizia paraguayana (Archivio del terror) e tra i principali accusatori dell’ex dittatore.

Cosa significa per lei questa storica decisione?

A. Un trionfo per la salute della democrazia in America Latina. Significa che il Cile di oggi è un po' più democratico e neanche qui esistono”gli intoccabili”. Insieme a Ortensia Bussi(moglie di Salvador Allende), Isabel Allende AdolfoPerez de Esquivel (premio nobel argentino)e altre presone cadute nella rete criminale dell'Operacion Condor nel 1999 abbiamo aperto una causa contro Pinochet, Contreras e l’ex segretario di stato americano Henry Kissinger, che per noi rimane il primo terrorista internazionale dopo Bin Laden.

Cosa significa Operacion Condor?

L'operacion Condor non fu altro che una forma di terrorismo di stato esercitato nei Paesi del sud America per annientare qualsiasi opposizione politica, sociale e culturale. Un genocidio che ha lasciato una scia di sangue, devastazione sociale e impunità che tutt'ora affligge i nostri popoli. Si trattava di un patto criminale tra i governi militari del Sud America «per salvare, come dice un documento incontrato nell'Archivio del terror in Paraguay, la civilizzazione occidentale cristiana dalla sovversione marxista internazionale». Il coord9inamento tra le forze militari del Cono sur funzionava un po' sul modello dell'Interpol di Parigi. L'Operacion Condor non era tuttavia nata qui da noi in America Latina ma più a nord negli Stati Uniti, che non ammettevano che nel loro “giardino di casa”, come chiamavano il nostro continente, ci potessero essere governi autonomi riformisti e progressisti, come nel caso del governo cileno di Salvador Allende.
Con L'Operacion Condor si inaugurava un modello liberista di esclusione sociale e come dimostra il laboratorio cileno, Pinochet globalizzò il terrorismo di stato.

Come funzionava l'Operacion Condor?

Funzionava come una rete in cui finivano intrappolati i dissidenti, gli intellettuali e persino i politici e i militari leali alla costituzione e al loro Paese. Un esempio?
A Roma Bernardo Leighton mite dirigente democristiano cileno che non faceva parte del governo Allende è stato quasi ucciso insieme a sua moglie Anita Fresno solo per aver criticato il colpo di stato contro un presidente costituzionalmente eletto. Orlando Letelier ministro dell'interno cileno e ambasciatore negli Usa è saltato in aria proprio a Washington insieme alla sua assistente nordamericana Ronny Moffit mentre durante il suo esilio negli Stati Uniti cercava di raccontare la verità sui macellai della giunta militare. La sua influenza sui governi occidentali e sulla comunità dei profughi cileni, era così grande, che Pinochet ordina a Contreras di eliminarlo. Con l’aiuto del fedele Paraguay di Stroessner che fornì passaporti falsi a Micael Townley agente della Cia e a Fernado Lario agente cileno per recarsi negli Usa e preparare l'attentato, come ha raccontato Townley durante la sua detenzione negli Stati Uniti. Operacion Condor significava la impossibilità non solo di opporsi a regimi sanguinari, ma anche di trovare rifugio in altri Paesi. Molte vittime del Condor erano dei rifugiati politici, alcuni sotto la protezione dell'Alto Commissariato per le Nazioni Unite eppure venivano sequestrati e uccisi.

Cosa contiene l'Archivio del terror in Paraguay?

L'Archivio del terror è stato scoperto grazie ai tanti anni di indagine che ho svolto durante l'esilio in Francia dove lavoravo all'Unesco. Grazie anche a militari che non volevano più essere testimoni cechi delle efferatezze compiute da Stroessner e dai nazisti che lo sostenevano, ho avuto una “soffiata” e poco tempo dopo la caduta della dittatura insieme ad un giovane giudice, Augustin Fernandez, siamo riusciti a entrare in un deposito della polizia politica di Asuncion dove erano nascosti migliaia di tonnellate di documenti, foto segnaletiche nastri magnetici che registravano le sessioni della tortura, passaporti lettere e verbali delle riunioni tra le intelligence militari. Era l'archivio della dittatura, il libro nero del regime di Stroessner. L'Archivio conteneva anche numerose informazioni sull’Operacion Condor e sulla collaborazioni tra Pinochet, Videla, Stroessner e i regimi di Brasile, Uruguay Bolivia. In questo archivio c'erano manuali della Cia che spiegavano come mantenere vive le persone torturate..
Un archivio unico al mondo, ma purtroppo ancora poco conosciuto, anche se il giudice Garzon lo ha utilizzato per raccogliere documentazione per il processo spagnolo contro Pinochet.

Nell'Archivio avete incontrato inoltre documenti che proverebbero il coinvolgimento dei neo fascisti italiani, come Stefano delle Chiaie, Vincenzo Vinciguerra e Pierluigi Concutelli nell'attentato al segretario della Dc cilena Leigthon e nella collaborazione con i regimi di Pinochet e Stroessner?

Si, esistono documenti in cui i neo fascisti scrivono a Pinochet e Stroessner mettendosi a loro disposizione per sconfiggere il pericolo marxista. In una lettera indirizzata a Stroessner, Delle Chiaie diceva di «essere un esule poiché in Italia c'è un regime comunista». Abbiamo anche incontrato documenti che provano che gli alcuni tra gli assassini di Aldo Moro, avevano documenti falsi paraguayani, Su questo stiamo indagando per capire se il caso Moro aveva a che fare con l’ Operacion Condor.

Esistono documenti che provano il coinvolgimento della Cia o del Governo degli Stati Uniti nell'Operacion Condor?

Si esistono. Il direttore della Cia tra il 1976 e il 1978 gli anni in cui il Condor fece più vittime si chiamava George Bush!
Nell'Archivio abbiamo incontrato un documento che prova che un certo generale Robert Thierry fu invitato come cooperante in Paraguay per formare i primi torturatori del regime di Stroessner. Abbiamo anche la lista di questi primi militari formati preparati da Thierry. Un altro documento prova la richiesta del'ambasciata paraguayana negli Stati Uniti per formare una sorta di Cia paraguayana.

E oggi? l'Operacion Condor è ancora funzionante?

Il Condor è ancora operativo. Nell'Archivio abbiamo trovato un documento del maggio 1997 dove un colonnello paraguayano scrive a uno equadoregno e gli dice:«Le invio la lista dei sovversivi paraguayani così lei può elaborare una lista dei sovversivi dell'America Latina». Nel 1997 a Quito in Ecuador si riunisce la Conferenza degli eserciti latinoamericani. Cos'è questa conferenza se non un sostituto del Condor? Abbiamo chiesto di poter partecipare come membri di organismi internazionali per i DDHH ma ce lo hanno impedito.

Lei pensa che Pinochet, Stroessner, Kissinger, e gli altri dittatori latinoamericani verranno mai condannati da un tribunale?

Penso di no. Tuttavia la loro condanna l' hanno già avuta dalla società civile dai familiari, dalle mamme, dalle nonne, e dai figli dei desaparecidos. Di fatto sono prigionieri della storia e della memoria.

di Manfredo Pavoni Gay - per Selvas.org

lunedì, febbraio 21, 2005

Internet è meravigliosa!

dal forum di Punto InformaticoEt voila’, Catricala’ !

I presidenti delle Camere hanno scelto per guidare l’Autorità per la Concorrenza e il mercato il segretario generale di Palazzo Chigi, Antonio Catricalà. Uno dei più stretti collaboratori del governo.
Catricalà è un grand commis di Stato, un professionista della pubblica amministrazione che ha avuto modo nella sua carriera di servire diversi padroni ma dal 1991 e’ stato strettamente legato a questo governo. Già nello scorso dicembre i presidenti delle Camere avevano nominato commissari dell’Antitrust l'ex sindaco di Bologna Giorgio Guazzaloca, e Antonio Pilati, un esperto di telecomunicazioni molto vicino a Forza Italia e ispiratore della legge Gasparri. Ora spostando Catricalà da palazzo Chigi hanno chiuso il cerchio. Dovete sapere che con l'approvazione della legge Frattini sul conflitto di interesse, all’Antitrust è stato assegnato un compito aggiuntivo di grande responsabilità: vigilare sull'operato dei membri del governo. Controllare - ad esempio - che il presidente del Consiglio in carica non prenda decisioni che favoriscano uno dei principali gruppi industriali del Paese, Mediaset.

Capita l’antifona? Sarebbe come se avessero eletto sindaco il macellaio del paese e lui avesse cooptato nel consiglio comunale i suoi avvocati e il suo commercialista facendo approvare delibere che proibissero ad altri macellai di aprire un negozio nel territorio comunale e alle proteste della popolazione civile avesse deciso di dare al messo comunale l’Autoritta’ per controllare che l’attivita’ della macelleria venisse svolta con i crismi della legalita’ e della sana concorrenza.
Quindi eleggesse come messo comunale il marito disoccupato della propria colf filippina…
Colto il concetto?

Ma non e’ finita qui.
Mentre il Belpaese discute del Sesso degli Angeli e dei Massimi Sistemi, il presidente operaio, cantautore, tappezziere, scenografo e muratorino (Tessera 1816, capiscimi amme’) si ricorda di essere anche il presidente prestigitatore e manda al Copaco, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, una norma che forse non l’hanno Letta ma che e’ contenuta in due decreti che sanciscono Segreto di Stato su tutte le residenze del presidente del Consiglio che poi sarebbe Silvio Berlusconi. Non soltanto, come già era noto, su Villa Certosa, in Sardegna, ma anche sulle ville di Arcore e Macherio e su Palazzo Grazioli, a Roma. Coperte dal segreto anche le abitazioni dei suoi familiari e dei non precisati (per numero e nome) diretti collaboratori. Di fatto ha messo in atto la Secessione ventilata da Bossi ma realizzata da Lui: senza limiti e senza confini.

P.S.
Leggo:
La proposta di legge sui cimiteri e le sepolture approvata dalla Camera contiene una norma che favorirà in qualche modo il presidente del Consiglio. Infatti il famoso Mausoleo di Arcore, destinato alla sepoltura dei familiari e degli amici più cari, è tuttora vuoto. Vani i tentativi del Cavaliere di portarvi la salma del padre Luigi, che riposa nel cimitero di Milano, per il veto posto dal comune in base alle normative: per motivi di igiene pubblica venne approvata a suo tempo una legge che stabiliva la distanza minima tra i cimiteri e le abitazioni. E il Mausoleo è troppo vicino alla dimora di Villa San Martino. Ora invece, se la legge passerà anche al Senato, il problema del Cavaliere potrà dirsi risolto.
Dopo questa operazione avra0 creato la sua piccola Citta’ del Vaticano.
A questo punto gli rimangono due strade: prendere il Soglio Pontificio ad interim e spostare la sede papale, oppure dichiarare un nuovo Regno e annettersi l’Italia.

Scrivi pure quello che vuoi... due punti a capo...aperte le virgolette

Legge Marziale - La libertà ai tempi della guerra infinita
di Domenico Gallo

E' passata quasi inosservata l'approvazione, da parte del Senato, lo scorso 18 novembre, di un ambizioso progetto governativo di riforma delle leggi penali e della giurisdizione militare. Nel panorama desolato di leggi o di progetti di legge che demoliscono gli assi portanti dell'intero edificio costituzionale, come avviene con il progetto di riforma della II parte della Costituzione, la riforma dei codici e della giurisdizione militare può sembrare questione di secondaria importanza, da relegare nel dibattito fra gli specialisti della materia.

Ed invece, attraverso questo disegno di riforma, vengono in luce questioni peculiari, che attengono all'adattamento dell'ordinamento giuridico italiano al tempo della guerra infinita, con tutte le ricadute negative che ciò comporta in termini di salvaguardia della pace, dei diritti e delle libertà.

Occorre premettere che la partecipazione italiana ad avventure belliche, è interdetta dall'art. 11 della Costituzione italiana, principio fondamentale dell'ordinamento, che tuttavia è tutelato essenzialmente da garanzie politiche, superabili da una maggioranza che, non condividendo i valori della Costituzione, abbia il controllo egemonico dei mezzi di comunicazione. Quello che rende realmente problematica la partecipazione italiana ad operazioni belliche all'estero è la carenza di un quadro normativo adeguato.

L'arsenale normativo dei codici penali militari di pace e di guerra (entrambi approvati con Regio Decreto del 20 febbraio 1941) e dell'ordinamento giudiziario militare (approvato con Regio Decreto del 9 settembre 1941), infatti, risale ad un'altra epoca storica, contiene norme e principi palesemente inutilizzabili, e strumenti, come i Tribunali militari di guerra, che non possono essere riesumati, in quanto seppelliti per sempre dalla Costituzione, assieme ad altre barbarie del precedente regime.

Quando dopo l'89 è iniziato l'attivismo delle missioni militari italiane all'estero, è balzato subito agli occhi che lo strumento del Codice penale militare di guerra, (nel quale sino al 1994 vigeva ancora la pena di morte) non poteva essere adoperato. Ed infatti nelle varie leggi e leggine che hanno finanziato le missioni in Somalia, in Bosnia e nel Kossovo è sempre stata inserita una norma che prevedeva l'applicazione del Codice Penale Militare di Pace, in deroga all'art. 9 del Codice Penale Militare di guerra, che dispone l'applicazione automatica della legge di guerra ai corpi di spedizione all'estero. E tuttavia l'intensificarsi delle missioni e l'accentuarsi del loro carattere, almeno potenzialmente belligerante, creava dei problemi di vario genere - ivi compreso quello della protezione del personale impegnato nelle missioni e quello della perseguibilità dei crimini di guerra - che non potevano essere risolti dal codice penale militare di pace. Da qui è iniziato un processo di riforma, mirante a "restaurare" il Codice penale militare di guerra, per rendere la legge marziale pienamente utilizzabile. Con il decreto legge 1° dicembre 2001, recante disposizioni urgenti per la partecipazione dei militari italiani all'operazione "Enduring Freedom" in Afganistan, per la prima volta è stato riesumata la legge di guerra, ma non sono stati resuscitate le disposizioni processuali, prevedendosi l'utilizzazione della giurisdizione militare per il tempo di pace, con una specifica competenza attribuita al Tribunale militare di Roma. Nella legge di conversione del decreto legge (L. 31 gennaio 2002 n. 6) è confluita una miniriforma del codice di guerra, che ha cancellato alcune disposizioni abnormi come quella che consentiva, in circostanze particolari, l'esecuzione immediata delle spie (art. 183) o il potere del Comandante Supremo di legiferare emanando bandi militari (art. 17), ed ha soppresso la condizione di reciprocità che impediva la punibilità dei reati contro le leggi e gli usi di guerra, se commessi dai militari italiani (sostituendo l'art. 165).

In seguito, per rendere le leggi di guerra più digeribili, un'altra novella (attuata con la L. 18 marzo 2003 n. 42) ha cancellato alcune delle norme più incostituzionali, come il divieto di pubblicazione di scritti polemici (art. 80) o la denigrazione della guerra (art. 87).

Si è giunti così al disegno di riforma complessiva della materia presentato, lo scorso anno, al Senato dai ministri Martino e Castelli. La legge delega introduce un disegno di riforma ambizioso che mira ad una profonda riscrittura dei codici penali militari di pace e di guerra ed introduce incisive modifiche nell'ordinamento giudiziario militare. Due sono le linee guida che orientano l'intero progetto: la prima è l'esigenza di mantenere in vita l'asfittica giurisdizione militare (che è stata abolita in tutti i paesi della NATO ad eccezione della Turchia); la seconda è l'esigenza di abbassare la soglia fra pace e guerra, riesumando le leggi di guerra e rendendole pienamente utilizzabili ed automaticamente instaurabili. All'interno di queste due esigenze che si muovono entrambe nella prospettiva di decostituzionalizzare l'art. 11 della Costituzione, si colloca l'orientamento di confermare, se non addirittura di ripristinare le norme più dure in tema di disciplina militare.

Il Disegno di legge è stato approvato dal Senato con delle modifiche che hanno limato gli aspetti più inaccettabili del progetto. Non è stato modificato però l'impianto, che prevede, in sostanza, la piena applicabilità della legge marziale con il ricorso ad alcuni accorgimenti giurisdizionali, che si sostanziano - in pratica - nell'utilizzo della giurisdizione militare prevista per il tempo di pace, salvo la riesumazione del Tribunale Supremo militare di guerra, come organo di vertice della giurisdizione.

In questo contesto, la Delega prevede che il Governo debba "confermare l'applicazione della sola legge penale militare di guerra, ancorchè nello stato di pace, ai corpi di spedizione all'estero per operazioni militari armate.." (art. 4, comma 1, lett. d). Un'altra norma (art. 4, comma 1, lett. m), n. 1) prevede la "sottoposizione alla giurisdizione penale militare anche di chiunque commetta un reato contro le leggi e gli usi della guerra o comunque un reato militare a danno dello stato o di cittadini italiani, ovvero nel territorio estero sottoposto al controllo delle forze armate italiane nell'ambito di una operazione militare armata."

La legge quindi introduce una rilevante novità rispetto alla situazione attuale. Com'è noto al contingente militare italiano che opera in Iraq ed in Afganistan si applica il Codice Penale Militare di Guerra, com'è previsto dai numerosi decreti legge che hanno autorizzato l'invio delle truppe e prorogato la loro missione, ma non si applica ad altri soggetti.

Con la riforma, quando un corpo armato italiano viene inviato all'estero, nel territorio sottoposto al controllo delle forze armate italiane (ad es. Nassiriya), la legge marziale e la giurisdizione militare si applica a tutti, ivi compresi i volontari in missione umanitaria ed i giornalisti, in barba all'art. 103 della Costituzione che prevede che, in tempo di pace, i civili non possano essere assoggettati alla giurisdizione dei Tribunali militari. In questo contesto la principale vittima della militarizzazione e della possibilità di introdurre la legge marziale, à la carte, è proprio la libertà di informazione. Infatti la legge delega non ha revisionato gli articoli 72, 73, 74 e 75 del Codice di guerra, in virtù dei quali non si può diffondere alcuna informazione sugli avvenimenti che non sia autorizzata dalle autorità militari. Per esempio non si può comunicare neppure il numero dei morti o dei feriti, se non si viene autorizzati dal Governo o dalle autorità militari. Questo non significa che viene cancellata la libertà di stampa: i giornalisti saranno assolutamente liberi di divulgare la verità ufficiale, stabilita dalle autorità competenti.

domenica, febbraio 20, 2005

Tic-tac-tic-tac

Mediaset, il premier verso il processo Rassegna Stampa - 20/02/2005
di LUIGI FERRARELLA - da "Corriere della Sera"

Chiusa l'inchiesta su fondi e diritti tv.
I pm: sottratti alle casse dell'azienda 280 milioni di euro

MILANO - Gli azionisti di Mediaset - sostiene la Procura di Milano - sono più «poveri» di quanto la salute dell'azienda avrebbe dovuto garantire loro perché fino al 1999 l'azionista di maggioranza Silvio Berlusconi, «con l'intenzione di ingannare i soci e il pubblico circa la situazione patrimoniale della società», si è arricchito alle loro spalle: «mascherando la formazione di ingenti fondi neri», sottraendo alle casse della società e dirottando «su conti bancari esteri gestiti da fiduciari di Berlusconi» l'equivalente complessivo di 280 milioni di euro (348 milioni di dollari, 11 miliardi di lire, 4 milioni di franchi francesi, 13 milioni di franchi svizzeri, 50 mila fiorini olandesi). E più «poveri» si sono ritrovati anche i contribuenti, con un fisco orfano di 124 miliardi di lire di imposte evase nel quadriennio 1996-1999. È questa la prospettazione d'accusa che si ricava dalle 21 pagine della notifica con la quale ieri pomeriggio la Procura ha depositato 500 mila pagine di atti dell'inchiesta sulla compravendita di diritti tv-cinematografici; e nel contempo ha avvisato 14 persone - tra cui Silvio Berlusconi e il presidente Mediaset Fedele Confalonieri - che, allo scadere dei 20 giorni (ma sforabili) concessi dal codice agli indagati per fare le copie e chiedere eventuali integrazioni istruttorie, intende chiedere il loro rinvio a giudizio davanti al giudice Fabio Paparella. TRE REATI - A Berlusconi sono contestate condotte protratte fino al 1999 (benché da fine 1993 egli non abbia ufficialmente più ruoli operativi in azienda), e attuate anche nel 1994-1995, quand'era come oggi presidente del Consiglio: i pm Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale ne propongono l'incriminazione per le ipotesi di «appropriazione indebita aggravata dall'aver promosso la cooperazione nel reato» dei coindagati, «frode fiscale» e «falso in bilancio». Solo «falso in bilancio» per Confalonieri.

I FIGLI - Le posizioni dei due pure indagati figli del Cavaliere, Marina e Piersilvio, che oggi reggono le sorti operative del gruppo, sono state per ora stralciate in un fascicolo per riciclaggio. Ma già ieri il banchiere svizzero Paolo Del Bue («responsabile della "Arner Sa" di Lugano e fiduciario della famiglia Berlusconi») e l'avvocato inglese David Mills («gestore per conto di Silvio Berlusconi di un complesso sistema di Trusts e società off-shore nelle British Virgin Islands segretamente controllate da Berlusconi») sono accusati di «ricettazione» e «riciclaggio» per aver «prelevato in contanti, disperso e occultato», tra il gennaio 1992 e il luglio 1994 (a cavallo dunque dell'entrata in politica di Berlusconi), 63 milioni di dollari, 12 milioni di franchi svizzeri, 2 milioni di franchi francesi e 328 milioni di lire: soldi distratti dall'azienda, per l'accusa, in precedenza accumulate sui conti Century One Ltd L 253037 e Universal One Ltd L 900028 presso la Banca della Svizzera Italiana di Lugano, con «beneficiari economici rispettivamente Marina e Piersilvio Berlusconi». OMISSIS - Un terzo filone d'inchiesta risulta stralciato, ma sia gli indagati sia il tipo di reato sono coperti da «omissis».
Secondo quanto la Procura punta a dimostrare con documenti «digeriti» dai consulenti della Kpmg e raccolti dal giugno 2001 nelle rogatorie in 12 Paesi (spesso con attriti al Ministero della Giustizia e poca collaborazione dagli Usa), il gruppo Mediaset, nel comprare dalle «majors» i diritti di trasmissione che costituiscono il principale patrimonio della società, avrebbe operato una serie di acquisti e vendite fittizie: a prezzi gonfiati, tra società in apparenza estranee a Mediaset, ma in realtà occultamente riconducibili a Berlusconi tramite prestanome (come per l'accusa Erminio Giraudi, in realtà un commerciante di carni a Montecarlo) o «soci occulti» (come per i pm l'ex agente esclusivista di Paramount, l'egiziano-americano Frank Agrama, e l'ex capo-acquisti Fininvest, Daniele Lorenzano). BAHAMAS - Tre gli effetti: stornare dalle tasche della società «le maggiori somme indebitamente pagate, trasferendole su conti bancari in Svizzera, alle Bahamas e nel Principato di Monaco, nella disponibilità degli indagati o di persone a loro collegate» (appropriazione indebita); rappresentare un maggior costo dei diritti così acquisiti (falso in bilancio); esporre al fisco costi fittizi per far apparire minori i redditi e superiori le perdite (frode fiscale). In questo modo, Berlusconi, Confalonieri e gli altri sono accusati d'aver «causato ai soci, tra cui investitori istituzionali e privati risparmiatori, un danno consistente nella diminuzione del valore patrimoniale dell'azione, quale effetto dell'infedele rappresentazione della consistenza dell'attivo patrimoniale, e della ripetuta distrazione di risorse finanziarie».

Ma se le inventano tutte!


Berluscounter!

sabato, febbraio 19, 2005

Popolo assetato

da adnkronos del 19 febbraio 2005

Lunedì la riunione con il capo del pool antimafia Grasso
Covo Riina, i pm valutano se rimettere la delega
Prestipino e Ingroia potrebbero non rappresentare l'accusa al processo che vede imputati Mori e De Caprio. Avevano chiesto il non luogo a procedere

Covo Riina, rinviati a giudizio Mori e De Caprio

Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - Potrebbero cambiare i pm nel processo che vede imputati il direttore del Sisde Mario Mori e il capitano Sergio De Caprio, detto 'Ultimo', che prenderà il via il prossimo 7 aprile. Ieri il gup Marco Mazzeo aveva rinviato a giudizio Mori e De Caprio per favoreggiamento a Cosa nostra in relazione alla mancata perquisizione del covo di Riina. I sostituti procuratori Michele Prestipino e Antonio Ingroia, che avevano chiesto il non luogo a procedere per il direttore del Sisde e il tenente colonnello, stanno valutando se rimettere, nel corso della riunione che ci sarà lunedì con il procuratore capo Pietro Grasso, la delega per seguire il procedimento. I due magistrati, secondo quanto si apprende, potrebbero chiedere al capo del pool antimafia di fare rappresentare la procura ad altri magistrati.
Alla riunione di lunedì pomeriggio saranno presenti tutti i pm della Dda per discutere della vicenda.
''Qualunque sia l'esito di questo processo, la sete di verità dell'opinione pubblica rimarrà inevitabilmente delusa'', ha detto il pm Ingroia, intervenendo al convegno su 'Mafia e potere' e commentando, indirettamente, la decisione del gup Mazzeo. ''La verità - prosegue Ingroia - non è solo la magistratura che deve consegnarla, ci sono anche altre verità storiche e politiche che altri dovrebbero accertare''. E prosegue: ''Penso ad esempio alle lacune e alle carenze di alcune commissioni di inchiesta che nel passato, anche recente, non hanno adeguatamente approfondito determinate tematiche''.

Altro paletto, altro slalom...

da adnkronos del 19 febbraio 2005

MEDIASET: INCHIESTA DIRITTI TV, VERSO PROCESSO PER PREMIER
Milano, 19 feb. - (Adnkronos) - I sostituti procuratori di Milano Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale hanno chiuso il troncone principale dell'inchiesta sulla compravendita dei diritti cinematografici da parte di Mediaset. L'indagine vede indagati, tra gli altri, a vario titolo, per falso in bilancio, appropriazione indebita, frode fiscale e e riciclaggio Silvio Berlusconi, Fedele Confalonieri, David Mills, Candia Camaggi, il banchiere Paolo Del Bue, Giorgio Vanoni, Daniele Lorenzano e Gabriella Galetto. (Cri/Zn/Adnkronos) 19-FEB-05 13:36


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Silvio Berlusconi indagato per diritti cinematografici Sunday, Nov. 09, 2003 at 8:51 AM

Si delinea il ruolo contestato al premier: sebbene all’epoca fosse già a Palazzo Chigi per i pm era sua la regia dei fatti per i quali viene accusato anche di appropriazione indebita.
Frodi Mediaset, accusa a Berlusconi: nel ’94 era ancora dominus di Segrate

Alla ricerca di 103 miliardi di vecchie lire prelevati dai conti di due società appartenenti al gruppo. Secondo i magistrati quei soldi sarebbero stati utilizzati per la campagna elettorale che portò il re delle tv al governo

Susanna Ripamonti

MILANO Silvio Berlusconi è indagato dalla primavera scorsa nell’inchiesta sull’acquisto dei diritti cinematografici da parte di Mediaset. La notizia è di dominio pubblico da giugno, ma adesso si capisce meglio quale ruolo gli viene contestato dato che nel ‘94, quando Mediaset creò fondi neri e falsificò i bilanci, stando a quanto sostiene l’accusa, lui era già a palazzo Chigi e aveva lasciato le cariche societarie.
[continua]

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Per la compravendita dei diritti per la trasmissione dei film americani sulle reti Mediaset
Berlusconi indagato per frode fiscale e falso in bilancio
Avviso di garanzia anche per Confalonieri e altri quattro uomini del gruppo Fininvest
La notizia è diventata di dominio pubblico solo a metà giugno, ma l'iscrizione del neoduce Berlusconi per la decima volta nel registro degli indagati della procura di Milano con l'accusa di frode fiscale e falso in bilancio risale alla vigilia di pasqua 2003 e scaturisce dall'inchiesta dei Pm milanesi Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo che da anni indagano sulle frodi fiscali e sui falsi in bilancio del gruppo Fininvest legati alla compravendita dei diritti televisivi per la tramissione di film dalle major americane.
Insieme a Berlusconi risultano inquisiti anche Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, Candia Camaggi, ex moglie di Giancarlo Foscale, cugino di Berlusconi, Giorgio Vanoni, responsabile della struttura estera di Fininvest, Paolo Del Bue, azionista della Arner Bank di Lugano e David Mills, l'avvocato inglese del gruppo berlusconiano.
L'indagine sui diritti tv ha preso il via il 26 maggio del 2001, quando i due Pm milanesi ordinarono la perquisizione degli uffici Mediaset, ed è strettamente legata alle altre inquietanti vicende giudiziarie che dal '94 ad oggi hanno accompagnato l'ingresso di Berlusconi in politica a cominciare dal famigerato conto All Iberian da cui sono transitati i 15 miliardi di lire che Giorgio Tradati ricevette all'estero per conto di Bettino Craxi nel '91 e che nel novembre del 1995 portarono agli ordini di cattura per Craxi, Tradati, Mauro Giallombardo e Giorgio Vanoni.
[continua]

ma và?!? maddai!

TERRORISMO: FONTI USA, BIN LADEN FORSE OSTAGGIO DEGLI IRANIANI

Karachi, 18 feb. -(Aki) - (dall'inviato Marco Liconti) Osama Bin Laden potrebbe trovarsi in Iran. Sarebbe stato intercettato e poi trattenuto contro la sua volontà da agenti iraniani mentre transitava lungo la linea di confine tra l'Iran orientale, la provincia pakistana del Baluchistan e l'Afghanistan. Un itinerario in passato già sperimentato da alcuni membri di Al Qaeda, forse dallo stesso Bin Laden, e quindi ritenuto sicuro. Ma stavolta, con Teheran impegnata...
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venerdì, febbraio 18, 2005

Ultimo 2

da repubblica.it
Per la mancata perquisizione della villa-covo di via Bernini dopo l'arresto del boss avvenuto il 15 gennaio del 1993 a Palermo Riina, rinviati a giudizio Mori e il capitano "Ultimo"
Fini: "L'operato di certi magistrati è scandaloso"

PALERMO - Il direttore del Sisde, prefetto Mario Mori, e il tenente colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, l'ex "capitano Ultimo", sono stati rinviati a giudizio al termine dell'udienza preliminare davanti al gup Marco Mazzeo. Dovranno rispondere di favoreggiamento nei confronti di Cosa nostra per la mancata perquisizione della villa-covo di via Bernini dopo l'arresto del boss Totò Riina avvenuto il 15 gennaio del 1993 a Palermo. "Piena solidarietà" ma anche l'indignazione più profonda è stata espressa nei confronti di Mori dal vicepremier, e ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, che ha definito "scandaloso" l'operato dei magistrati.
Mori e De Caprio erano entrambi presenti in aula. Nella scorsa udienza il 3 febbraio i pm Michele Prestipino e Antonio Ingroia avevano chiesto il proscioglimento "perché il fatto non costituisce reato". Secondo i pm manca, infatti, l'elemento psicologico del reato. Ovvero, l'allora capo del Ros e il "capitano Ultimo" non perquisendo il covo di Riina certamente non avrebbero voluto favorire Cosa nostra. Sarebbe stato - è questa la tesi della Procura - più che altro un errore. In subordine, i pm avevano chiesto che fosse dichiarata la prescrizione, perché si tratterebbe di un favoreggiamento semplice.

Ora si attende la prossima mossa della procura di Palermo che si troverà il 7 aprile prossimo ad affrontare un'udienza senza essere convinta della fondatezza dell'accusa.
"Lunedì convocherò una riunione per discutere la posizione che dovrà prendere l'ufficio nel prossimo giudizio", ha detto il procuratore della Repubblica, Piero Grasso. "Non posso che prendere atto della decisione del giudice - ha aggiunto - che come tale va rispettata. La richiesta dei colleghi è frutto di valutazioni maturate all'interno della Dda". Ma probabilmente si punterà verso una richiesta di assoluzione. Ancora Grasso: "Come Pm in passato ho chiesto assoluzioni quando mi ero convinto che non vi fossero elementi sufficienti a sostegno dell'accusa". (18 febbraio 2005)
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da americaoggi.info
PALERMO. Favoreggiamento aggravato nei confronti di Cosa nostra per il direttore del Sisde Mario Mori e per il tenente colonnello, Sergio De Caprio, il comandante “Ultimo”. Questa l’accusa bruciante che il Gip Vincenzina Massa ha ordinato di formulare alla Procura nei confronti dei due ufficiali dei carabinieri che coordinarono l’operazione che portò alla cattura di Totò Riina. L’inchiesta riguarda la mancata perquisizione del covo del boss, dopo il suo arresto avvenuto il 15 gennaio ’93, e la mancata comunicazione alla procura del cessato controllo da parte dei carabinieri della villa in cui Riina viveva con la sua famiglia. Il giudice per ben due volte aveva rigettato la richiesta dei pm di archiviare la posizione dei due indagati, sollecitando ulteriori approfondimenti. Adesso i Pm hanno dieci giorni di tempo per formulare il capo d’imputazione richiesto dal Gip. Duro il commento del difensore di Mori, l’avvocato Pietro Milio: “Da cittadino e uomo di giustizia - ha detto il legale - sono indignato per questa decisione. In questo modo i carabinieri sono sempre colpevoli mentre non si fa chiarezza su altre responsabilità. Non è possibile che le persone che hanno arrestato il sanguinario boss debbano subire l’accusa di aver favorito lo stesso Riina”.[continua]
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(ANSA) -REGGIO CALABRIA, 10 NOV 2004 - Il Sisde ha opposto il segreto di Stato a una perquisizione nell'ufficio del suo agente,il maresciallo Spano'. La perquisizione della polizia rientra nell'inchiesta su presunti condizionamenti della 'ndrangheta su magistrati della Procura reggina. 'Sono indignato. Non ho idea di che cosa mi si contesta', afferma Paolo Antonio Bruno, consigliere della Cassazione, indagato nell'inchiesta.

Travi, pagliuzze e ... hackers!

da movisol.org"
Un calunniatore di LaRouche arrestato per pedopornografia.

L'11 febbraio 2005 a San Francisco è stato arrestato Kennet Michael Kelley, a seguito del rinvenimento di materiale pedopornografico. Kelley è una delle fonti principali su cui si basò un libro pieno di veleni contro Lyndon LaRouche, intitolato «Lyndon LaRouche e il nuovo fascismo americano», scritto da Dennis King e pubblicato nel 1989. Il calunnioso libro di King si basò, tra l’altro, su un articolo di Kelly intitolato “Il mondo secondo LaRouche”, che fu pubblicato nel novembre 1986 dalla rivista Focus di San Francisco e vinse il trofeo “Maggie” della casa editrice Western Publications Association.
Dal libro di King scaturì una campagna denigratoria che creò l'atmosfera per la persecuzione giudiziaria di cui fu allora vittima LaRouche. Ancora oggi, quando rispuntano articoli calunniosi contro LaRouche, si attinge a quell libro.
Gli agenti che hanno perquisito l'appartamento di Kelley hanno sequestrato oltre 500 video e fotografie compromettenti. Nel descrivere l'appartamento perquisito, il San Francisco Chronicle nota: "In disparte, su di uno scaffale, la statuetta 'Maggie', riconoscimento dell'industria del giornalismo per l'intervista all'estremista politico Lyndon LaRouche che apparve nel 1987 sulla rivista Focus".
Kelley rischia una pena detentiva massima di 10 anni. Le indagini che hanno condotto al suo arresto seguono una pista battuta inizialmente dalla polizia tedesca, che portò ad un computer pieno di materiale compromettente e molte e-mail trovato in un appartamento di Duesseldorf. Kelley, riferisce il suo legale, si proclama del tutto innocente e "vittima di hackers che sono riusciti a penetrare il suo personal computer riempiendolo di foto pedopornografiche".

Quelli che non la bevono, quelli che non ci stanno...

Controllo Monetario e Consenso Popolare (di Mario Consoli).
Quando si è bambini, enorme è la curiosità, la voglia di conoscere, di capire, di spiegarsi il significato di ogni cosa e di ogni avvenimento. È l'età del “perché”, ossessivamente rivolto ai genitori, ai fratelli maggiori, a quanti capiti d'incontrare. Poi si cresce, la curiosità diminuisce sino, in età adulta, nella maggioranza dei casi, a spegnersi quasi del tutto o a trasformarsi in una semplice ricerca di conferme di quella certezze che si è andati via via conquistando o, come sempre più frequentemente accade, che si sono subite e accettate come inevitabili e, tutto sommato, comode. «L'ha detto la televisione», «l'hanno scritto i giornali», ed ogni inquietudine si placa, ogni dubbio si estingue. Ma non è stato sempre così. Le società europee nel tempo si sono caratterizzate per una costante spinta verso l'arricchimento della conoscenza e l'acquisizione di certezze sempre maggiori; una puntigliosa e vigorosa ricerca della verità che ha permeato la moltitudine di pensatori, filosofi e scienziati che hanno fatto grande la nostra civiltà. Solo negli ultimi anni la spinta verso la conoscenza si è affievolita; dalla scienza si è passati alla tecnologia — che è lo sfruttamento tecnico ed economico delle grandi scoperte del passato —, dalla cultura si è passati all'informazione. L'attuale società informatica e dello spettacolo è caratterizzata dalla più assoluta superficialità delle notizie, sempre più numerose, veloci, in “tempo reale”, ma sempre più vuote di contenuti, di spiegazioni sulle cause, di oneste e lungimiranti previsioni sulle conseguenze. E il pubblico si accontenta di questo bombardamento di pallottole a salve, non chiede nulla di più, non si pone domande. Nel secolo scorso, quando si vivevano i prodromi di questa involuzione dell'informazione, Giuseppe Prezzolini scrisse un “Manifesto degli apoti”, quelli che «non la bevono», quelli che «non ci stanno», quelli che...
[continua]

Però! Che personcine a modo...

da Altermedia
Vecchi Trucchi (John Kleeves)
Il Cerchio, pagg.249, Euro 15,00

Questo straordinario saggio di John Kleeves ricostruisce le strategie e la prassi della politica estera statunitense, dalle armi nucleari in Europa all’asservimento dell’America Latina, al traffico internazionale di droga. Kleeves spiega che gli Stati Uniti, “pur possedendo un regime elettorale pubblico, non sono un paese democratico, almeno non nel senso europeo-occidentale del termine. Sono un paese nel quale una netta minoranza della popolazione, ben individuata e con interessi omogenei, detiene incontrastata tutto il potere, può adoperare a suo piacimento la macchina dello Stato, sia per quanto riguarda gli affari interni che quelli esteri. Questa essenza totalitaria dello Stato americano è confermata dalla mancanza di una qualsiasi opposizione politica istituzionale interna (i due partiti che si dividono i vari Congressi statali ed il Congresso federale - il Democratico e il Repubblicano - sono di fatto un partito unico) e dalla costante repressione poliziesca esercitata sui dissidenti". Sin dalla nascita degli Usa come nazione indipendente, la politica estera americana si è sviluppata intorno a due concetti “predominanti, che sono rimasti inalterati sino alla seconda guerra mondiale. Poi, a partire dalla conclusione di questa i due stessi temi per forza di cose si sono fusi in uno solo, come due nodi che vengono al pettine. I due temi ante-seconda guerra mondiale sono quelli dell’Equilibrio delle Forze in Europa e del Mercato dell’Oriente. Il tema del post-seconda guerra mondiale, il nuovo ed unico problema nel quale sono confluiti gli altri due, è quello della Russia".

La propaganda, il danaro, la violenza e la strategia della droga sono i principali strumenti “con cui gli americani cercano di raggiungere i loro scopi in politica estera". “La propaganda americana nel mondo - scrive l’Autore - è qualcosa di incredibile: potente, sostenuta, subdola, onnipresente, efficacissima. Si potrebbe dire che se la propaganda americana all’estero cessasse d’incanto, dopo poco tempo in ogni angolo della terra la gente si sveglierebbe vedendo il mondo in maniera diversa. La propaganda americana all’estero è una vera cappa di piombo che grava sul mondo, di cui non ci si accorge perché si è abituati ad essa, come nel caso della legge di gravità".

“Lo scopo della propaganda americana all’estero - aggiunge Kleeves - è uno solo: aiutarne la politica estera a raggiungere i suoi scopi […]. E dato che questi scopi sono non solo poco edificanti ma anche contrari agli interessi della maggioranza dei paesi e delle relative popolazioni del mondo occorre che i medesimi siano camuffati in qualche modo. La stessa operazione va condotta nei confronti dell’avversario di turno: gli scopi della sua politica estera vanno distorti o falsificati del tutto, in modo da diventare complementari alla falsificazione precedente: noi vogliamo questo (e non è vero) perché lui vuole quello (ancora meno vero)". La propaganda americana “si sviluppa […] su due piani paralleli, uno “culturale” e uno politico, il primo allo scopo di proiettare all’estero l’"immagine” che si vuole degli Stati Uniti ed il secondo allo scopo di camuffare la propria politica e di distorcere quella altrui. Questi compiti ben precisi sono stati affidati dal governo americano a due Agenzie distinte, una creata appositamente per la bisogna - l’USIA, United States Information Agency -, e l’altra creata anche per altri scopi - la CIA, Central Intelligence Agency: naturalmente i due campi di attività non sono impermeabili fra loro, anzi spesso si sovrappongono. Così anche le attività delle due Agenzie si incrociano, un po’ per la natura della materia trattata e un po’ per ragioni contingenti, di natura logistica (ad esempio, in certi paesi c’è una filiale dell’USIA ma non della CIA). Ma, in linea generale, l’USIA si occupa statutariamente della propaganda culturale e la CIA (fra le altre cose) di quella politica".

Un’altra caratteristica della politica estera statunitense “è il costante, sistematico ricorso a metodi clandestini violenti. Il governo americano non si accontenta di influenzare con mezzi illeciti le opinioni pubbliche dei paesi esteri e di corrompere i loro uomini politici, i loro funzionari governativi civili e militari, e tanti comuni cittadini; quando si accorge che quei sistemi non sono più sufficienti, allora ricorre alla violenza: quando e dove può ribalta governi tramite colpi di Stato, spesso cruenti, e quando e dove può esso fa assassinare leader politici o uomini comunque importanti nella vita politica, economica o culturale dei loro paesi, ritenuti di ostacolo al raggiungimento dei suoi obiettivi. Abbiamo così colpi di Stato e delitti organizzati dagli Stati Uniti, due fenomeni che spesso sono concomitanti, ma talvolta non lo sono".

Kleeves denuncia, infine, come gli USA detengano il controllo mondiale del traffico di droga al fine di poter corrompere e legare a sé governi esteri. Si può dire, infatti, con certezza “che il consumo interno e mondiale di droga è nell’interesse economico e politico degli Stati Uniti d’America. Se è così, il governo di questo paese non può far altro che sostenerlo e anche manipolarlo - e cioè appropriarsi del traffico che lo sostiene - in modo che offra i massimi vantaggi possibili, economici e politici, per il paese. E questo in effetti è quello che il governo statunitense sta facendo da diverse decine d’anni a questa parte, con grande successo: il mercato mondiale della droga è infatti praticamente tutto nelle sue mani".

Brividi...

E SPEGNETE LA LUCE, GRAZIE. (di Sergio Nazzaro)

"Io la velocità della luce la so, ma la velocità del buio non ce l’hanno ancora insegnata…” (Dino di Zenica, 12 anni)

Qualche giorno fa tre uomini sono stati ammanettati e uccisi a Casavatore da finti agenti di polizia. In pieno centro. Un’esecuzione. Ecco perché all’inizio della nuova guerra di camorra quattro carabinieri, scambiati per killer, sono stati feriti a Scampia. Giorni prima, un uomo è stato decapitato e bruciato nella sua macchina. Una giovane donna di venti anni è stata torturata e bruciata nella sua macchina. Ancora esecuzioni. Un’altra donna è stata sparata in faccia. Questa è la guerra di camorra. Litri di sangue e ferocia che scorrono a fiumi. Niente giri di parole. Peccato che nel telegiornale non facciano vedere il vero volto della morte che equivarrebbe a vedere il vero volto del problema. Nel calderone della guerra del golfo nostrano la globalizzazione avanza e i killer appartengono alla mafia albanese. Gente che per punire le sue stesse donne, sfruttate come puttane, taglia un pezzo di gamba e poi gira e rigira fino a staccarla completamente, alla stessa maniera si uccidono gli animali. Forse con un più pietà e rispetto. Immaginateli ingaggiati in una guerra di camorra: speranza di sopravvivenza del bersaglio pari a zero. Morire velocemente è già salvezza. La sera guardo il telegiornale, l’uccisione dei tre uomini è la quinta notizia, meno di due minuti per spiegarla. Dopo di che il blocco dei pendolari sulla Milano-Torino.

Giornalismo in terra di camorra: se minacciano uno dei nostri inviati super pagati in Iraq via al putiferio mediatico. Se sei minacciato a Napoli perché scrivi di camorra, è il momento buono per fare le valigie o cominciare a scrivere di sport. Giornalisti che scavano nell’abisso umano per comprendere, capire. Ma in un omicidio normale il colpevole, scoperto, non potrà farti del male. Quando si tratta di camorra, beh chiedetelo a Giancarlo Siani, mai assunto dal Mattino che ora lo sventola come suo eroe. Ma si in fin dei conti siamo tanti Enzo Baldoni, accusati di giornalismo domenicale, mentre i figli dei potenti scrivono senza averne nessun diritto. Anche io come Enzo lavoro nel mondo del fumetto, anche se poi rilascio interviste alla Radio Nazionale Ungherese sulle questioni di criminalità organizzata e collaboro con altre testate in maniera diretta e soprattutto indiretta. I giornalisti di terra di camorra hanno però molti vantaggi personali: non c’è scuola di giornalismo che insegna a fiutare l’aria come sappiamo fare noi. Per andare in zona di guerra deve essere inviato di guerra ed essere pagato, dopo molte raccomandazioni e amicizie potenti. Noi viviamo in zona di guerra, è la nostra terra e quindi conosciamo tutti i dettagli che qualsiasi giornalista al di sopra della linea del Garigliano non può assolutamente conoscere. Abbiamo il vantaggio di non conoscere gente importante, se non del mondo criminale. Non andiamo a convegni inutili e cocktail party morbosi. Difficilmente qualcuno ci può rubare la piazza se vuole dire cose sensate. Anche se poi succede sempre, e si scrivono cose assurde. Giornalisti in zona di guerra di camorra. Sostanzialmente si è gente senza amor proprio, animati da una rabbia assurda e suicida, si vive in totale solitudine, disperatamente.

Forse siamo semplicemente carenti di affetti e diventiamo kamikaze al contrario. I giudici hanno uno stipendio, cosi anche i carabinieri e i poliziotti, anche chi raccoglie i pezzi di morti dopo gli omicidi ha uno stipendio, ma non il giornalista che il famoso articolo 1 se lo può scordare anche se svolge egregiamente il suo lavoro. Un articolo viene pagato 20 o 30 euro, a fronte di beccarsi una pallottola nelle gambe, prima però di essere stato terrorizzato per bene, lui e i suoi familiari. Avete mai ricevuto una telefonata di minacce da parte della criminalità organizzata? Sapete che cosa è il terrore vero? Conoscete l’ansia che anche se andate al primo commissariato a denunciare il tutto siete coscienti che se vogliono ammazzarvi per davvero niente e nessuno li può fermare? Eppure il giornalista in zona di guerra ha un grande rispetto per i boss della camorra. Menti lucide che conoscendo il bene hanno scelto la via del male e la perseguono con una genialità al di fuori del comune. Si, i camorristi veri, i capi, sono personaggi affascinanti. Ma se vogliono cancellarvi, nessun posto sarà mai un rifugio sicuro.

Falcone, Borsellino, Chinnici, Imposimato, Peppino Impastato, Federico Del Prete, don Peppino Diana e molti molti altri nomi ancora. Persone più importanti e coraggiose del misero giornalista che racconta la camorra o la mafia. Siete mai andati ad un convegno contro la camorra in zona di camorra? Tutti arrivano con le macchine blu a sirene spiegate, voi no. Solitamente con un treno o un autobus. Finito il convegno tutti ripartono a razzo, protetti e sicuri. Voi no, rimanete con i familiari della vittima, vi sentite lo sguardo addosso di tutti e c’è sempre il treno da prendere per tornare a casa. Tutte le macchine e i motorini e le persone che camminano vicino a voi possono essere una minaccia reale e concreta alla vostra incolumità. I nervi semplicemente si spezzano e prima di scrivere un articolo che leggeranno in pochi, dovete calmarvi, perché le dita che tremano non vanno d’accordo con la tastiera del computer. Macchine che esplodono sotto casa vostra, avete mai provato questa sensazione?

Quattro volte in meno di due mesi? Bombe che esplodono in lontananza nella notte e mentre tutti si nascondono voi vi chiedete cosa ci fate lì con le forze dell’ordine. Conoscete queste sensazioni? Altrimenti il discorso che stiamo facendo è vano.

Caserme dei carabinieri prima di Natale per l’ennesima minaccia, estorsione, telefonata che vi toglierà il sonno per settimane. Il nostro posto di lavoro non è ambito, non si guadagna si rischia gratuitamente e se un giorno arriva il colpo definitivo, beh entreremo di prepotenza in quegli stessi giornali che non ci hanno mai fatto firmare un contratto, e avremo la nostra foto appesa sui loro muri, ma ancora nessuno stipendio. Giancarlo Siani lo abbiamo eletto guida spirituale per tutti questi motivi. Ma abbiamo una paura maledetta di finire come lui: ammazzati. Ed è per questo che a volte si tirano i remi in barca e non si scrive più niente. Paura, tensione, stress arrivano a limiti insostenibili. Viviamo in zona di guerra e conosciamo persone che in una maniera o nell’altra hanno visto morti ammazzati, sparatorie, roghi di macchine o case. Queste persone sono tutte le cittadinanze delle province di Caserta e Napoli. Ci si fa l’abitudine. Qui non vedremo mai nessuno uscito dalle scuole di giornalismo. Qui devi avere la vista lunga, molte amicizie da tutte le parti dello schieramento, perché una cosa è essere limpidi nella propria professione e coerenti con i propri ideali, un’altra fessi e farsi sparare per niente. Qui si fa un corso quotidiano di sopravvivenza. Come decidi se scrivere un articolo? A volte sono le tue fonti che quando pronunci determinati nomi ti guardano male, non ti rispondono e ti mettono alla porta. O se vi dicono che puzzate di morto e sembra una battuta, lasciate stare quel maledetto articolo che avete in mente di scrivere, assolutamente. L’istinto di sopravvivenza ti fa comprendere e reagire come se appartenessi ad una squadra speciale. Riflessi rapidi, niente accade per coincidenza, tutto ha un significato. Essere sprovveduti porta alla morte.

Ma in Italia non c’è più vero giornalismo d’inchiesta sulle diverse criminalità organizzate. Un immenso fiume di denaro che sostiene interi pezzi di Stato, come e in quale maniera ciò è possibile è la materia di studio del vero giornalista in zona di camorra. Non la semplice notizia sul numero dei morti. Però siamo fortunati nessuno ci legge, qualche amico che poi comincia a non salutarvi più, e soprattutto gli uffici stampa della camorra, gli avvocati che si leggono tutto e riferiscono. Da lì partono le minacce e, prima che un disgraziato di giornale, dopo tante insistenze ha deciso di pubblicarvi.

Il giornalista in zona di guerra di camorra guarda i telegiornali e piange, perché il presidente della commissione giustizia del parlamento è anche l’avvocato difensore di grandi capi clan qui al sud. Non c’è speranza di vincere la guerra, ma una speranza c’è, quella di salvare la propria dignità e scrivere. Ed infine volete sapere come è nato questo pezzo? Ecco la storia.

“Come stai? Sono giorni che ti cerco!”
“Ti ho scritto: mi hanno minacciato di nuovo. Ho perso anche la fidanzata per questo, hanno aspettato che rispondesse lei per minacciare, si così fa più effetto”
“Ma la vuoi finire, cazzo, non ti pagano neanche per tutti i rischi”
“Ma non devono averla vinta, anzi ti va di scrivere un pezzo su cosa significa il nostro lavoro qui giù?”
“Un pezzo, mi chiedi un maledetto articolo, chi se ne frega, fammi sapere dove stai, se devi andartene via ho degli appoggi in giro. Scrivi di teatro, di reality show, ma lascia stare queste storie, siamo in piena guerra”
“Mi occorre entro un paio di giorni, riesci a farmelo? Sei uno di cui mi fido e ne abbiamo vista qualcuna insieme, soltanto chi rischia insieme sa cosa significa questo maledetto lavoro e questa maledetta terra, ci stai?”
“A patto che ci diamo un segnale ogni giorno, ho già troppi pensieri. Uno squillo, una riga di email per sapere che va tutto bene, altrimenti non ti scrivo niente”
“Ci sto!”

Sappiamo bene in fin dei conti che le nostre precauzioni non valgono a niente. Se qualcosa deve succedere, accadrà. Siamo in guerra e lo ricordiamo ogni mattina che ci svegliamo. Ogni volta che gli elicotteri volano basso, che i Cacciatori di Sardegna ti fermano ad un posto di blocco, ogni volta che vedi del fumo nero in lontananza, ogni volta che alle 7 del mattino decine di carabinieri fanno un posto di blocco su una via secondaria. Ogni volta che vivi come un arco teso sotto un apparente serenità, pronto a scattare al minimo pericolo. Così viviamo noi e tutti gli altri residenti in zona di guerra. E ti sovviene alla mente quella redazione che ti chiede conferma su alcune questioni di camorra di cui hai scritto perché altrimenti non ti pubblica. Come dire: scienza esatta della disinformazione. O faccio un colpo di testa e chiedo un colloquio a chi sta al 41 bis e gli chiedo: senti mi confermi che tutto quello che suppongo sulla camorra e dintorni è vero?

Dedicato a Roberto Saviano che mi ha chiesto di scriverlo.
Pubblicato da roberto saviano - 03.02.05 12:15

Parliamo di faccende più leggere

Analisi chiara e profonda: caso Parmalat

Hacker o pericoloso delinquente?

da P.I.: Hacker o pericoloso delinquente?
Punto Informatico intervista il protagonista di una clamorosa azione dei Carabinieri nei mesi scorsi. Accusato di essere un cracker capace di violare le banche e messo all’indice come bombarolo anarchico, ora è stato scarcerato
Riccione o Hollywood? (pagina 1 di 3)

18/02/05 - News - Roma - Tecnico specializzato in sicurezza delle reti informatiche, è stato arrestato dai Carabinieri con l'accusa di aver truffato grazie alle proprie conoscenze informatiche alcune importanti banche italiane dalle quali era stato assunto, e numerosi loro clienti. Sulla sua testa pendono indizi di essere, oltre ad un abile cracker in piena attività, anche un anarchico con velleità terroristiche, ma non ci sono procedimenti aperti su questo fronte. Di lui è stato detto che ha 38 anni, che si chiama Andrea Cuomo e che nella sua abitazione sono stati trovati computer, carte di credito e bancomat clonati nonché materiali atti alla costruzione di ordigni e manuali d'uso e persino documenti politici di matrice anarchica. Dopo un mese di carcere all'inizio di febbraio è stato scarcerato.
Punto Informatico: Mi hai scritto che sei stato sommerso da un mare di bugie.. che è stata tutta una grossa montatura.. Ora cosa accadrà? Come primo passo sei stato scarcerato
Andrea Cuomo: Mi sono ritrovato arrestato, con la casa perquisita senza mandato e, la sera stessa mi sono ritrovato in carcere, senza aver potuto parlare con un avvocato. Due giorni dopo, durante l'ora d'aria alcuni altri carcerati mi hanno detto eccitati "sei uscito al TG5!" Rimasi allibito, perché non pensavo davvero di aver potuto fare notizia a questo modo.
PI: Sei stato descritto come un delinquente incallito, e particolarmente pericoloso.. Tutto falso?
AC: Seppi che si era detto che clonavo centinaia di carte di credito, che avevo la casa piena di sostanze chimiche pericolose e mi divertivo a fabbricare bombe. Sentii poi di essere un militante anarchico, che avevo contatti con anarchici in Sardegna, che avevo diverse case in Sardegna, regione in cui mi sarei recato spesso! In Sardegna non sono mai andato in vita mia, non ho mai frequentato circoli anarchici e, naturalmente non sono affatto anarchico, dato che, politicamente sono vicino al partito di Forza Italia, partito cui sono anche stato iscritto. Quanto alle case in Sardegna non sapevo nemmeno di possederle, se i Carabinieri dessero l' indirizzo sarei ben felice di usarle per passarci le vacanze! Difatti è singolare che si sia dato l' indirizzo della mia abitazione, in affitto a Riccione ma non si sia dato l' indirizzo di queste fantomatiche "ville in Sardegna". Forse perchè non esistono?
PI: È per questo che sei stato scarcerato dopo un mese di carcere?
AC: Riguardo alle pretese "carte di credito clonate" ed agli "accessi abusivi" una perizia sul materiale sequestratomi mi ha scagionato dalle accuse. Per questo sono stato scarcerato. Ma sono ancora indagato per reati.... impossibili!
PI: Un colorito lancio di agenzia sostiene che all'incontro con il Carabiniere che avrebbe poi portato al tuo arresto avevi con te "un vero e proprio kit clona-carte, dotato di un sistema capace di collegarsi a circa una ventina di banche in pochi minuti attraverso i codici di accesso ai nodi di rete e effettuare transazioni direttamente sui suoi conti personali"...
Non solo, dicono che tu volevi vendere questi kit e addestrare altri a sfruttarli... Secondo l'ANSA si trattava di corsi per aumentare il numero degli attacchi e risultare così meno facilmente identificabile.. A me tutto questo ricorda Hollywood...
AC: Questo è coperto dal segreto istruttorio, dato che c’è un'indagine in corso, certo che se davvero avessi avuto un sistemone per svuotare i conti bancari non l'avrei certo dato in giro per quattro soldi.
Anche l'"aumento del numero di attacchi" è un'altra sciocchezza, inventata per giustificare il fatto assurdo che stessi svendendo per due lire un sistema che, potenzialmente poteva valere milioni di euro...
Chiunque frequenti ambienti di sicurezza informatica sa benissimo che gli attacchi di hacker sono basati sulle vulnerabilità dei sistemi informatici: se un dato sistema è vulnerabile e resta tale, allora si può continuare ad attaccarlo, ma se si sparge la voce ed altri sfruttano sistematicamente lo stesso sistema ecco che arriva la patch, la falla viene chiusa e non si può fare più nulla.
[continua pag. 2/3]
[continua pag. 3/3]

dacci oggi il nostro pane quotidiano...

da P.I.:
- Scritto da: Anonimo
/*
Uno che gioca a fare il piccolo chimico con interessi diversi dalla norma deve essere perforza un terrorista dinamitardo? Considerando che si può fabbricare ell'esplosivo on dello zucchero e del diserbante in qualsiasi contadino si nasconde un bombarolo?
*/
Ti spiego come funziona. La televisione ci deve ricordare periodicamente che chiunque, anche l'ultimo degli sfigati, è in grado di costruire una bomba terrificante utilizzando semplicemente il detersivo che ha in casa, un po' di fertilizzante, acqua fresca e tanta buona volontà.
Questo perché, in caso contrario, nessuno crederebbe che quattro imbecilli islamici riescano a costruire con le proprie mani un'autobomba che infrange i vetri blindati del palazzo ad un chilometro di distanza, lanciando un'automobile di passaggio dentro il terzo piano del condominio di fronte.
Allo stesso modo, il popolino televisivo potrebbe dubitare che un furgone pieno di "fosfati" (?) faccia saltare in aria due intere facciate di un'ambasciata, fino all'ultimo piano, oppure che un altro magico furgoncino abbia scoperchiato l'hotel di turno lasciando a terra un cratere di un piano e mezzo.
Poi il lettore attento nota che questo palazzi scoperchiati sembrano tutti uguali, mentre le autobombe dell'ETA rompono due vetri quando hanno fortuna. Magari nota che le autobombe islamiche fanno la nuvoletta bianca a forma di fungo, mentre quelle dei kamikaze islamici in Iraq fanno il botto con la fiammata e la nuvoletta nera. Poi magari nota che ogni tanto si vedono buffi omini dotati di contatori geiger intorno ai crateri, e comincia a cogliere il senso del tutto.
Per lo stesso motivo, nei magici film di Hollywood bastano un quadratino di C4 per far saltare un palazzo, così se un qualche terrorista fa saltare un aereo in Russia (...) si può sempre dire che aveva l'esplosivo nascosto sotto le scarpe, come quell'altro povero fesso a cui tra l'altro mancava una fiamma consona all'accensione della miccia, o altri dettagli trascurabili. Poi il lettore attento nota che dopo Taba i terroristi in Russia si sono casualmente calmati, e la Yukos è stata pacificamente venduta con i soldi prestati da qualche banca cinese.
Ora potremmo andare a cercare tutte le foto delle varia autobombe, contare i crateri e trarne alcune interessanti considerazioni, ma questa è un'altra storia.
Nel frattempo, gli stessi che ci difendono quotidianamente dal terrorismo islamico, prevenendo - a detta loro - quaranta attentati al giorno, non riescono a mettere le mani sul quel tale chiamato Unabomber... fate due conti.