venerdì, febbraio 25, 2005

Falso in bilancio: Silvio Berlusconi sapeva tutto!

Inchiesta sui diritti Tv, tra le carte della Procura un grafico sugli intrecci con il "comparto riservato" dell'azienda del premier
Mediaset, in 31 cd la verità dei Pm
"Frodi fiscali, falso in bilancio"
di LUCA FAZZO e MARCO MENSURATI

MILANO - Silvio Berlusconi sapeva tutto, dice la Procura di Milano. Sapeva tutto dei trucchi con cui venivano gonfiati i prezzi dei diritti tv, e centinaia di milioni venivano sottratti alle casse di Fininvest prima e di Mediaset poi. E sapeva tutto della rete di società offshore grazie a cui i proventi dell'affare venivano consegnati nelle mani dei suoi due figli maggiori, Piersilvio e Marina.

Trentuno cd rom consegnati ieri ai difensori del presidente del Consiglio racchiudono il riassunto dell'indagine per appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio condotta dai pm milanesi Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale. Ci vorranno giorni ai difensori per leggerli tutti. Ma bastano poche ore per capire di essere davanti a un quadro impressionante.
La parte decisiva è costituita dalle testimonianze, dalle rogatorie e soprattutto dalla relazione conclusiva che la Procura ha affidato agli analisti della Kpmg.

Lo schema grafico in cui Kpmg ha ricostruito gli intrecci tra le società del gruppo Mediaset e quelle del "comparto riservato" farebbe venire l'emicrania anche a uno specialista di scatole cinesi. È il riassunto di come nel corso di dieci anni siano state create dagli specialisti di Berlusconi società ombra che rilevavano dalle otto major di Hollywood i diritti televisivi e li rivendevano a Mediaset al termine di una serie di intermediazioni utili solo a farne lievitare il prezzo.
Ma dentro i 31 cd rom c'è praticamente di tutto.

Ci sono le copie degli accordi segreti che certificano - come nella fotocopia riprodotta in questa pagina - che le società off shore in cui finivano i soldi Mediaset erano di proprietà di Pier Silvio e Marina; ci sono i vari progetti di Mills, il "grande architetto" legale incaricato da Berlusconi; ci sono gli elenchi dei titoli dei film comprati da società ombra della famiglia Berlusconi e rivenduti a prezzi esorbitanti al Biscione (tra questi, tanto per fare un esempio, tre film di Maciste degli anni '50 ceduti per oltre un milione di euro); ci sono infine le testimonianze di dipendenti, di manager Mediaset e del mondo del cinema, e delle loro segretarie.

Come ad esempio quella di Silvia Cavanna, segretaria personale di Carlo Bernasconi, presidente di Medusa, che racconta di come, sotto l'avanzare dell'inchiesta giudiziaria, le vennero ripuliti i computer dai vertici di tutto quello che poteva costituire una prova e di come allo camion carichi di carte portarono dalla Svizzera in Lussemburgo tutti i documenti scottanti.

Una montagna di materiale, insomma, da cui emerge in maniera netta il meccanismo di quella che ha tutte le caratteristiche di una gigantesca truffa: in primo luogo ai danni del fisco italiano, cui Berlusconi in cinque anni secondo i calcoli degli investigatori avrebbe sottratto almeno 126 miliardi di lire. Il tutto finiva nelle due compagnie possedute dai figli di Berlusconi attraverso gli ormai famosi trust creati dall'avvocato londinese David Mills.

Mentre a Los Angeles la mente dell'operazione era un personaggio un po' misterioso, assai poco amato in Fininvest ma dal potere inattaccabile: Daniele Lorenzano, uomo di fiducia di Silvio Berlusconi a cui - dice più di un testimone - rispondeva direttamente.
Nelle pagine depositate dai pm milanesi si legge però anche una storia parallela, che è quella di una indagine condotta tra mille difficoltà. Una su tutte: l'evidente ostruzionismo del ministero della Giustizia. Durante l'inchiesta suscitò molto scalpore la polemica tra la procura e via Arenula quando il ministero bloccò le rogatorie in corso in Svizzera. Dalla lettura degli atti si apprende oggi che lo stesso schema si è ripetuto in occasione di altre rogatorie.

In particolare il ministro Castelli e il suo staff si sono a lungo rifiutati di inoltrare alle Bahamas la richiesta di rogatoria che, alla fine, ha permesso ai magistrati di scoprire buona parte dei flussi finanziari.
(25 febbraio 2005)