mercoledì, febbraio 23, 2005

Tòh! chi si rivede!

Reich e la psicologia del fascismo

Di tanto in tanto si sente parlare dell'affacciarsi in Italia di "nuovi fascismi". L'affermazione suona oscura perché non coincide con gli stereotipi della censura, dell'olio di ricino, delle camicie nere con cui di solito si identifica il ventennio. Stando così le cose ben venga la pubblicazione di un classico che fornisce utili chiavi di lettura per comprendere le nascenti forme di autoritarismo. Ci riferiamo a: Wilhelm Reich, Psicologia di massa del fascismo, Einaudi, 2002, 12 euro, nella nuova traduzione introdotta dall'eccellente saggio di Adriano Zamperini.

Leggendo le pagine che Reich ha pubblicato nel 1933 si resta colpiti per almeno due motivi: il tentativo di comprendere il fascismo utilizzando strumenti concettuali extraeconomici; l'attualità dell'analisi. Per Reich il fascismo è un fenomeno che non nasce e non muore con Hitler e Mussolini ma è capace di rigenerarsi di continuo pur partendo da medesimi contenuti: in primis il razzismo e il nazionalismo. Contenuti che tuttavia non sono creazioni del fascismo. "Al contrario: il fascismo è una creazione dell'odio razziale". Dall'analisi di Reich il fascismo appare una concezione mentale, un modello ideale, una saldatura tra la parte peggiore del mondo interiore degli esseri umani e le ideologie reazionarie: "Il fascismo nella sua forma più pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio". Dove per si deve intendere la piccola e media borghesia e le masse impoverite che trovano nell'esclusione del presunto diverso un'identità capace di raccogliere largo consenso sociale. E a poco valgono le spiegazioni che vedono nella precarietà economica un mezzo per la presa di coscienza. Nelle nostre società l'aumento della povertà non produce, da parte dei più, un'analisi razionale sulle responsabilità del potere ma il ritorno a comunità chiuse su se stesse che il potere sfrutta ai propri fini: "la mentalità fascista è la mentalità dell'<> mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi a un'autorità e allo stesso tempo ribelle".

Uno dei meriti maggiori di Reich è quello di cogliere le strette relazioni tra l'ideologia, considerata come una vera e propria forza storica, e la psicologia, considerata come relazione sociale e non come un fatto privato. Va detto che la fondazione della attuata da Reich e dai freudo-marxisti, è stata pressoché inutilizzata nella pratica della sinistra. Tuttavia questi autori tornano oggi alla ribalta per l'emergere, in situazioni come quella italiana, di tendenze tipicamente autoritarie: il monopolio dei mass-media, in continuità con le forme di propaganda inventate negli anni '30; il presidenzialismo, in continuità con il culto dell'uomo forte; il razzismo nei confronti degli immigrati extracomunitari, in continuità con le persecuzione degli ebrei e dei comunisti; l'attacco all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, in continuità con la demolizione delle organizzazioni sindacali; il nazionalismo bellicoso, in continuità il maschilismo della pseudocultura nazi-fascista.

Se si interpreta il fascismo non come l'espressione di un partito politico ma come manifestazione irrazionale dell'uomo di massa psicologicamente represso, allora possiamo dire che sotto altre forme la "peste nera" sta tornando ad infettare il corpo sociale nonostante le cospicue differenze tra il mondo moderno e quello post-moderno. Purtroppo a rendersi conto del pericolo sono pochi intellettuali e qualche gruppo d'opinione.

Patrizio Paolinelli

articolo apparso sul quotidiano il domani di Bologna del 27 dicembre 2002

1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Magari fosse facile come sembra...

domenica, febbraio 27, 2005 12:47:00 AM  

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