Iannini - Vespa
http://www.politikon.it/modules/news/article.php?storyid=1049
San Mammì.
Nel '90 passa la legge Mammì, che dovrebbe riordinare il sistema tv con relativi tetti antitrust.
La lobby berlusconiana riesce a ottenere che un antitrust che «fotografi» il trust del Cavaliere, il quale potrà tenersi le sue tre reti («legge Polaroid»). Per protesta la sinistra Dc ritira i suoi 5 ministri dal governo Andreotti, che li rimpiazza in una notte.
La legge impone alla Fininvest due soli vincoli: cedere il Giornale e le quote oltre il 10% di Tele+1 e Tele+2. Berlusconi li aggira subito, passando il Giornale al fratello Paolo e intestando le quote eccedenti delle pay tv a vari prestanomi.
Subito dopo la Mammì, tra il 1990 e il '91, la Fininvest versa tramite All Iberian su due conti svizzeri di Craxi circa 23 miliardi di lire.
La Procura di Roma sospetta anche un giro di tangenti al ministero delle Poste in cambio - si sospetta - della Mammì e del piano frequenze.
L'uomo-chiave, secondo l'accusa, è un giovanotto di 34 anni, Davide Giacalone, già segretario del ministro Oscar Mammì, considerato il vero autore della legge sull'emittenza e subito dopo ingaggiato alla Fininvest con una consulenza da 600 milioni.
Finiscono sotto inchiesta anche Gianni Letta e Adriano Galliani: il pm Maria Cordova chiede di arrestarli entrambi, ma il gip Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa si astiene perchè Letta è un «amico di famiglia».
Il capo dei gip Renato Squillante passa la pratica a un altro giudice, De Luca Comandini, che respinge entrambe le richieste di cattura.
La Iannini verrà sorpresa da una microspia nel bar Tombini, il 21 gennaio '96, in compagnia di Squillante e di Vittorio Virga, avvocato di Giacalone, Letta e Paolo Berlusconi. Ora dirige il ministero della Giustizia.
L'inchiesta finisce in un nulla di fatto. Vizzini e Mammì prosciolti dal Tribunale dei ministri.
Letta e Galliani dal gip.
Giacalone in parte assolto, in parte prescritto.
Di recente Mammì ha raccontato una visita del Cavaliere alla vigilia della legge: «Scherzava, faceva battute, cercava di accattivarsi la mia simpatia. Poi mi si inginocchiò davanti e, baciandomi la mano, mi disse:
“La prego, ministro, non rovini me e le mie famiglie!”».
da http://www.grandeoriente.it/Rastampa/2001/0224AGICordova.htm
Massoneria: archiviata la maxi-inchiesta di Cordova
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