mercoledì, marzo 02, 2005

L'abbiamo scampata bella (per ora)

Squarcio di verità sui conti pubblici
(Massimo Gaggi - Il Corriere della Sera - 2 giugno 2003)

Toni pacati, nessuna accusa, ma a ben vedere la critica della Banca d’Italia alla gestione dei conti pubblici c’è e non è leggera: «L’avanzo primario (l’indicatore più significativo dei conti dello Stato, che misura il saldo attivo ottenuto dal Tesoro prima di pagare gli interessi sul nostro enorme debito pubblico, ndr ), che al momento dell’entrata nell’Unione monetaria ci eravamo impegnati a mantenere al 5,5% del prodotto interno lordo, nel 2000 era sceso al 4,6; nel 2003 è previsto del 3,2%». A giornali e politici piace molto discutere della possibile «discesa in campo» del Governatore ai vertici di qualche futuro governo. Questo Fazio due giorni fa, stando a molti commenti, nelle sue Considerazioni finali «non ha calcato la mano» e «ha evitato di mettersi in rotta di collisione con il Tesoro». Poi c’è un altro Fazio, il keynesiano allievo di Modigliani e Samuelson, il tecnico che ha messo il suo sigillo sul modello econometrico che da 30 anni «interpreta» la nostra economia. E’ questo il vero Governatore, con il quale tutti devono fare i conti senza cercare di ridimensionare il valore delle sue parole.
Nei suoi primi due anni, il governo Berlusconi ha scelto di contrastare il peggioramento dei conti pubblici in buona parte con misure una tantum , come i condoni. Il Governatore ha riconosciuto che l’esecutivo ha avuto i suoi buoni motivi. In periodi di congiuntura difficile «gli interventi di natura transitoria consentono di contenere il disavanzo senza intaccare il reddito permanente». Ma in questo modo i problemi che ci trasciniamo irrisolti da anni (il peggioramento era già cominciato nella precedente legislatura) sono stati solo accantonati e gli impegni con l’Europa in parte disattesi. Ora che si delinea per il 2004 una ripresa trainata dagli Stati Uniti è importante non farsi trovare impreparati. Ma come? La situazione delle imprese è difficile. Dal 1997 a oggi la produzione industriale è cresciuta dell’11% in Francia, del 12% nella disastrata Germania e solo del 3% in Italia. E il resto del mondo è andato assai più velocemente dell’Europa. Nodi come quello dell’eccessiva frammentazione delle imprese o l’assenza dell’Italia da quasi tutte le produzioni ad alta tecnologia non possono certo essere sciolti in pochi mesi. Si possono però intanto creare gli spazi per un recupero di competitività nelle aree tradizionali, sempre più esposte alla concorrenza dei Paesi emergenti. Qui un primo contributo è venuto dalle nuove (e più flessibili) norme sul mercato del lavoro, ma ora andrebbero ridotti gli oneri previdenziali e fiscali, mentre anche il promesso calo dei tributi a carico del cittadino-contribuente aiuterebbe la ripresa della domanda e quindi il recupero delle imprese. Questa ricetta non promette miracoli ma, dice il Governatore, può evitare «che l’incertezza si trasformi in pessimismo». E in effetti in tempi di bassa inflazione, bassi tassi d’interesse e alti livelli di risparmio, le condizioni per un rilancio degli investimenti pubblici e privati dovrebbero esistere. A un patto: che le riforme strutturali (a partire da quella previdenziale) che Fazio è tornato a chiedere non vengano accolte dal sistema politico come un’istanza ormai rituale o il vezzo di un tecnico che può permettersi il lusso di non considerare le conseguenze politico-elettorali di certe iniziative. Un governo guidato da una persona che ha grande esperienza e capacità nel campo della comunicazione saprà certamente trasmettere all’opinione pubblica un messaggio forse non gradevole ma chiaro: se vogliamo modernizzare il Paese spendendo di più in opere pubbliche, ricerca e scuola, se vogliamo ridurre le tasse e i contributi, dobbiamo tagliare le spese. Continuando a galleggiare tra rattoppi e una tantum difficilmente andremo lontano.